di Claudia Izzo-
“Chiedo scusa per quello che ho detto a mio figlio. Gli ho detto solo tante fesserie…certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so”, queste le parole adesso, dopo il clamore parlando di gogna mediatica dopo quanto intercettato.
Facciamo un passo indietro: il dialogo intercettato dei Turetta, padre e figlio, Nicola e Filippo, avvenuto nel carcere di Verona, il 3 dicembre scorso, ad un mese dall’omicidio di Giulia Cecchettin, non solo è ormai di dominio pubblico, ma infiamma gli animi dell’opinione pubblica. Abbiamo iniziato ad occuparcene ieri su salernonews24, chiedendoci se fosse giusto rendere pubblico quanto detto tra padre e figlio in carcere, in una stanza per i colloqui. Dolore su dolore, certamente.
Abbiamo un padre che fa visita al figlio arrestato perchè reo confesso di aver sequestrato, torturato, colpito, ferito, imbavagliato, colpito ancora, infine ucciso la sua ex fidanzata, Giulia Cecchettin l’11 novembre scorso con 74 coltellate. Poi, con lucida premeditazione ha portato il corpo di Giulia in un’altra regione per occultarlo e cercato di fuggire in Germania prima di finire in manette. Tutto questo fa male anche a scriverlo, ma serve a ricordare di chi stiamo parlando.
In questa faccenda abbiamo un colloquio intercettato dalle microspie degli inquirenti, un padre, sicuramente disperato e affranto che cerca di supportare il figlio nel colloqui in carcere. Cerca di stargli vicino. Di evitare che compia qualche gesto estremo. E fin qui, cosa buona e giusta. Il problema è nel cosa dice:
“Eh va beh, hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Quello è! Non sei un terrorista voglio dire. Devi farti forza. Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri. però ti devi laureare.” dice Nicola Turetta al figlio ricordandogli che mica è l’unico ad aver ucciso una donna, “Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri.” Appunto, ce ne sono tanti altri…Insomma è in buona compagnia. Parole usate ” affinchè non si disperasse troppo”. Poi passa all’argomento pratico, il ragazzo, bando alle ciance, si deve laureare. Come se una laurea bastasse a ridare credibilità e spessore ad una persona. Ma in effetti non è il titolo in sè a cui mira il padre ma ai permessi, e infatti aggiunge ” Ci sono altri 200 femminicidi. Poi avrai i permessi per uscire, per andare al lavoro, la libertà condizionale. Non sei stato te , non ti devi dare colpe perchè tu non potevi controllarti”
Il colloquio è finito negli atti del processo a carico di Filippo Turetta che si aprirà il prossimo 23 settembre perchè Nicola Turetta avrebbe affermato di non aver detto tutto al suo avvocato e di conseguenza al pm. Inoltre, quando il padre dice “non sei stato te, non ti devi dare colpe perchè tu non potevi controllarti”, il figlio reo confesso dice “non è così” mettendo in bilico l’incapacità di intendere e volere.
Qui nessuno vuole emettere sentenze, perchè non compete a noi, come giornalisti si mira solo ad indagare la realtà che ci circonda, a comprendere, a capire ciò che succede, miriamo solo alla verità ed all’importanza dell’uso delle parole. E’ la tristezza credo che pervada ogni cuore di ogni lettore che sta dedicando qualche minuto alla lettura di questo articolo.
“Sono profondamente deluso e arrabbiato” afferma il Giovanni Passarotto, cugino di Giulia Cecchettin, su Instagram. “Il padre di Filippo ha fallito come persona e come genitore. Anzichè riconoscere la gravità del crimine commesso dal figlio, ha cercato di minimizzarlo, dimostrando una mancanza totale di responsabilità e comprensione. Questo atteggiamento vergognoso non solo manca di rispetto a Giulia e alla nostra famiglia, ma perpetua una cultura di violenza e di impunità che deve essere fermata”. Intanto la sorella di Giulia, Elena, su Instagram parla di “normalizzazione sistematica della violenza”
Per lo psichiatra Paolo Crepet su il Corriere della sera, è sbagliato parlare di voyeurismo perché come “per Cogne e Novi Ligure e prima ancora Pietro Maso” questi aspetti “servono a capire, a contestualizzare”. “Lui è un padre e deve innanzitutto domandarsi come sia potuto crescere un assassino nella sua casa. Dovrebbe dirgli ‘se tu sei qui è anche colpa mia’, questa sarebbe una frase di enorme dignità e civiltà. ‘Abbiamo sbagliato qualcosa anche noi, non solo tu'”. Invece l’uomo ha parlato di un “momento di debolezza”: “Due anni di martellanti messaggini e il martirio della povera Giulia possono forse essere un momento di debolezza?”, si chiede Crepet.
Il mondo della comunicazione si divide sull’utilità e sul senso della pubblicazione del contenuto dell’incontro intercettato. Ognuno ha la sua opinione in proposito, certo è che proprio grazie a queste intercettazioni si è sentito dalla bocca del ragazzo qualcosa per cui non si potrà utilizzare la favoletta dell’incapacità di intendere e volere, così cara alle difese di tanti processi. Allora si all’intercettazione.
Grazie a queste intercettazioni diventa doveroso suonare un serio campanello d’allarme per la società tutta. Allora si all’intercettazione, capiamo ascoltando queste terribili parole che siamo tutti fallibili come genitori e dobbiamo ammettere i nostri fallimenti. E ricominciare. I genitori di figli che si sono macchiati di turpi azioni, non vanno abbandonati, hanno cioè bisogno di sostegno, supporto psicologico su come relazionarsi con i figli in questione. Crescere loro stessi e maturare su cosa e come dirla. Allora se a questo si è giunti, si alle intercettazioni che fanno luce lì dove ci sono ombre, omissioni, bugie.
Con queste intercettazioni la società civile ha capito di essere in ginocchio e non solo perchè ci sono giovani capaci di simili azioni, ma perchè ci sono padri capaci di simili parole. “Non sei l’unico. Ci sono stati parecchi altri.”