
-di Claudia Izzo-
Ecco la giornata che ogni anno ci faceva sorridere perchè ci invitava a stringerci di più.
Oggi è diverso, in questa situazione dettata ancora dal Covid 19, ad un anno dall’inizio della pandemia, gli abbracci sono ancora ricchezza d’altri tempi, invocati, desiderati, sognati. Proibiti. Quanti ne sono stati negati a coloro che non ci sono più! E come dimenticare l’immagine che riassume il primo periodo Covid, di dolore e speranza, che vede una dottoressa abbracciare, cullare l’Italia in ginocchio per il Covid, sulla parete dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo.
E come non pensare alla stanza degli abbracci, creata in alcune residenze per anziani proprio per rendere possibile un contatto tra coloro che col Covid ci combattono ed i loro cari, un modo per potersi stringere pur attraverso un telo di plastica anticontagio. Si sa, l’abbraccio ha in sè un potere infinito, capace di aiutare a dominare stress, ansia, depressione donando felicità…
Mai come in questo periodo abbiamo capito l’importanza ed il valore dell’avere qualcuno stretto a noi; l’abbraccio è un contatto emotivo che denuda sentimenti ed emozioni, dono prezioso in grado di dire e dare mondi. E’ un contatto che speriamo di poter recuperare presto, in grado di sprigionare una sensazione di protezione e di serenità, quando le braccia sono quelle giuste, perchè in fondo, come scriveva Alda Merini, “ci si abbraccia per ritrovarsi interi”…