Da Cernobbio l’Italia degli industriali

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di Pierre De Filippo-

Così come il meeting di Rimini, anche quello di Cernobbio col Forum Ambrosetti nella Ville d’Este sul Lago di Como, è un appuntamento fisso, un incontro internazionale su temi economici che si tiene ogni anno dal 1975 e che fornisce all’opinione pubblica l’immagine dell’Italia vista dagli industriali.

Un parterre d’eccezione ed una cornice impeccabile, come sempre.

Ma si sa, sotto campagna elettorale, quest’appuntamento acquisisce tutt’altra forza, tutt’altra importanza. Finalmente seduti allo stesso tavolo – ad eccezione di Conte in videoconferenza – c’erano tutti i più importanti leader del Paese: dal Salvini alla Meloni, da Letta a Calenda, da Tajani a Conte appunto, anche se a distanza.

Come è andata?

Forse com’era prevedibile che andasse: sono esplose, evidentissime, le tante contraddizioni interne alla coalizione – che, viceversa, appare solida e stabile, di centrodestra.

Per la Meloni, le sanzioni alla Russia sono necessarie ed indispensabili, per Salvini no; per Salvini necessario e indispensabile è uno scostamento di bilancio, che chiede da tempo, per la Meloni no; per Salvini la flat tax deve essere del 15%, per la Meloni no.

Tajani non pervenuto e bocciato dai giornali.

Conte parla a distanza e forse sa che quello degli industriali non è certo il suo elettorato di riferimento. Difende i suoi provvedimenti, dall’ecobonus al reddito di cittadinanza ma, com’è prevedibile, non scalda la platea.

Letta e Calenda si imbeccano più di una volta: i due ex alleati siedono vicini e, oltre a punzecchiare Salvini – che li segue distrattamente – si danno a gomitate tra di loro.

Anche Letta non riesce a contenere le tante ambiguità che la sua variegata coalizione tiene dentro: quale politica economica si seguirà, quella di Cottarelli o quella di Fratoianni? E la politica ambientale sarà quella massimalista di Bonelli o una più incentrata sulla realpolitik?

E la dote ai diciottenni non è forse uno sperpero? E la patrimoniale non è forse un rischio?

Insomma, sono tanti i temi che non convincono la platea.

Convincono di più le argomentazioni di Calenda che, da ministro che ha dato vita ad Impresa 4.0, a Cernobbio vive certamente nel suo habitat. Parla la lingua degli industriali, che capiscono e apprezzano il messaggio. E i giornali lo testimoniano.

Seguirà una lunga schiera di ministri che, con maggiore o minore attenzione, vanno a perorare la propria causa, la propria croce.

Saluta Renato Brunetta – una che al Forum è di casa – che lascia la politica e torna a fare il professore.

In definitiva, che immagine ci restituisce l’Ambrosetti?

L’immagine, forse, del tanto citato Paese reale: gli industriali, che quotidianamente si trovano ad affrontare il problema della bolletta energetica e che pagano l’inflazione come tutti gli altri, non ci stanno ad ascoltare ragionamenti ideologici che in alcun modo forniscono delle risposte alle loro esigenze.

Le fratture nelle coalizioni non sono incidenti di percorso. Rappresentano ancora l’idea di un’Italia catenacciare in cui non importa governare, importa solo vincere, magari 1 a 0, col minimo sforzo, giocando anche male.

E ci si appella al voto utile, senza comprendere che l’utilità del voto non sta nel dare a questo o quel partito politico la maggioranza parlamentare ma la forza per governare.

Che è l’unica cosa che è necessario fare in questo Paese così bello e così disgraziato.

 

 

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