di Michele Bartolo-
Se si compie una ricerca per chiedersi chi sia Angelo Izzo, la voce da ricercare è quella di criminale.
Angelo Izzo è comunemente conosciuto come il mostro del Circeo, in quanto è stato uno dei tre responsabili, insieme a Gianni Guido e Andrea Ghira, del cosiddetto “massacro del Circeo”, avvenuto il 29 settembre del 1975 in una villa del Circeo, non distante da Roma. Allora, infatti, Izzo, giovane estremista di destra con piccoli precedenti penali, si rese autore di un delitto efferato e crudele: Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, 17 e di 19 anni, furono violentate, drogate, seviziate e massacrate per un totale di trentacinque ore. Rosaria fu annegata nella vasca da bagno al piano superiore della villa degli orrori poi tentarono di strangolare Donatella con una cintura. Quest’ultima, in un momento di distrazione degli aguzzini, riuscita a raggiungere un telefono, cercò di chiedere aiuto, ma fu scoperta e ulteriormente picchiata con una spranga di ferro; si lasciò cadere a terra e si finse morta. Credendo di aver ucciso anche lei, gli aguzzini la rinchiusero insieme al cadavere di Rosaria nel bagagliaio di una FIAT 127 bianca per partire alla volta di Roma, dove si sarebbero disfatti dei cadaveri. Donatella riferì che, durante il viaggio di ritorno, i ragazzi ridevano allegramente e ascoltavano musica e dicevano: «Zitti, ché a bordo ci sono due morte»… «Come dormono bene queste»…
Per quell’orribile delitto, Izzo viene condannato all’ergastolo e, durante la lunga detenzione, si mostra molto attivo nel collaborare con la magistratura, utilizzando la sua ideologia e la sua provenienza politica, per dire la sua sulle stragi di Bologna, Pizza Fontana, Piazza della Loggia, per accreditare insomma un suo ruolo di pentito o comunque di recluso modello. Dopo varie evasioni tentate, Izzo riesce anche ad avere permessi premio sino ad arrivare, negli anni 2004-2005, ad ottenere la possibilità di lavorare per una cooperativa, in regime di semilibertà.
E proprio in questa occasione, accade l’irreparabile: Izzo uccide ancora, il mostro non ha perso il vizio, il 28 aprile del 2005 vengono trucidate altre due donne, Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano, rispettivamente moglie e figlia di Giovanni Maiorano, ex affiliato della Sacra Corona Unita, che Izzo aveva conosciuto in carcere.
Dopo il nuovo omicidio, scoppia anche una polemica tra i magistrati di Campobasso, nel cui carcere Izzo si trovava agli arresti, con quelli di Palermo, il cui Tribunale di Sorveglianza avrebbe autorizzato la semilibertà, nel tentativo di rimpallarsi le responsabilità in merito alla sciagurata gestione del criminale.
Ecco, la definizione giusta per Izzo è quella che abbiamo dato all’inizio, si tratta di un noto criminale italiano. La stessa funzione rieducativa della pena, cui tende il nostro sistema costituzionale, viene concretamente messa in discussione dalla storia di quest’uomo che, pur condannato a due ergastoli per gli omicidi commessi ed avendo scontato anche tanti anni in galera, non solo non ha mostrato segni di pentimento o ravvedimento, ma non si è neanche “rieducato”, tanto da uscire dopo trenta anni e commettere gli stessi identici delitti compiuti al Circeo.
Addirittura oggi diventa un commentatore, un esperto della materia, tanto da rilasciare una intervista al Corriere della Sera.
Dal momento che la cronaca italiana si riempie sempre più spesso di casi di femminicidio, alcuni di questi particolarmente cruenti ed efferati, doveva essere chiamato a parlare il mostro. Egli ha spiegato che cosa rappresenta per lui la figura femminile e che significato abbiano avuto, nella sua mente, gli stupri e gli omicidi commessi.
Nel corso dell’intervista, Izzo giunge a dare una definizione di chi sono secondo lui gli autori dei femminicidi. Si tratta, a suo dire, di “miserabili“. “Mi danno idea di quei tipi che pigliano gli schiaffi al bar, poi vanno a casa e se la prendono con le loro donne, magari con i figli“, spiega.
“Quando ero ragazzo ho commesso stupri e ho ucciso alcune donne ma l’ho fatto con lo stesso spirito con cui mi potevo impadronire di denaro o gioielli. Odio la società patriarcale. Chiunque mi conosce sa che non ho niente del misogino(..)”.
Il mostro del Circeo passa poi a illustrare il suo personale codice del killer. “Credo di aver avuto sempre un mio personalissimo codice“, dichiara. “Un tempo ero orgoglioso di essere stato un estremista di destra romano degli anni Settanta. Mi piacevano molto i marsigliesi di Albert Bergamelli e la ‘banda delle belve’ di Paolo Oldofredi ma ora di quel mondo non c’è più niente. Anche la malavita romana è finita“, aggiunge. “Per non sembrare un vecchio nostalgico di tempi e regole che magari esistevano solo nella mia testa devo dire che mi piacciono i cinesi e i nigeriani, ragazzi seri“.
Izzo oggi è un maestro di pensiero, si presenta come un uomo che non ha nulla contro le donne, che ha ucciso, ma se lo ha fatto si è trattato poco più di una rapina con destrezza, non certo un delitto scaturito dall’odio o uno stupro derivato da una mancanza di rispetto. Rimpiange, ancora, un mondo che non c’è più, un mondo dove si viveva bene, pieno di nobili valori criminali, che oggi non esistono più.
Forse i giovani non sanno chi sia Angelo Izzo, perché è passato troppo tempo dal massacro del Circeo, ma egli ancora adesso si propone ai giovani, presentandosi come un difensore delle donne, che egli stesso ha massacrato. Per i suoi crimini, quest’uomo deve continuare a scontare le due condanne all’ergastolo, dopo essere stato posto in isolamento diurno nel carcere di Campobasso per tre anni. Ma probabilmente non basterebbero due vite, tante quante le due pene comminate, per estirpare il mostro che è dentro di lui e che dal Circeo non lo ha più abbandonato.
Lo scrittore Niccolò Ammaniti, nel suo romanzo “Io non ho paura”, a un certo punto scrive: “(..) I mostri non esistono. I fantasmi, i lupi mannari, le streghe sono fesserie inventate per mettere paura ai creduloni. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri (..)”.
Angelo Izzo, dopo quasi cinquanta anni, fa ancora paura.