di Michele bartolo
Siamo nella settimana Santa, la più importante festa religiosa del Cristianesimo. Con la Pasqua, infatti, si festeggia il principale dogma della Chiesa Cattolica, ovvero la Resurrezione a vita eterna di Gesù Cristo, dopo la Sua crocifissione e tre giorni dopo la sua sepoltura.
Ma chi era Gesu’ Cristo come personaggio storico e per quale motivo fu processato e crocifisso? Andiamo per ordine.
Gesù si colloca storicamente in Giudea e fa parte del movimento di Giovanni Battista che, pur praticando un giudaismo radicale ed ascetico, è caratterizzato dalla mitezza e dalla moderazione politica dei suoi adepti, che infatti partecipano attivamente alla vita pubblica e prestano servizio nell’esercito di Roma.
Giovanni viene storicamente definito come uomo buono e pietoso, a differenza per esempio di altri profeti contestatori che lo avevano preceduto e che erano paragonati a banditi. Tuttavia Gesù, a differenza di Giovanni Battista, si trasforma in un predicatore itinerante e carismatico, capace di influenzare le folle.
La famosa entrata nel tempio di Gerusalemme, d’altronde, altro non è che un gesto di forte valenza politica e, come tale, profondamente rivoluzionario. La proverbiale cacciata dei mercanti attira l’attenzione sul Nazareno, colpevole di proclamarsi figlio di Dio, sino a portare al suo arresto nella famosa scena dell’orto del Getsemani.
Per la Giustizia ebraica, Gesù diviene un eretico pazzoide ma, soprattutto, un bestemmiatore. Per questi motivi, il Tribunale Ebraico, ovvero il Sinedrio, lo condanna a morte all’unanimità, perché si è macchiato del reato di blasfemia, autoproclamandosi re dei Giudei e ribellandosi, di fatto, all’autorità del potere imperiale di Roma.
La violazione della Lex Iulia maiestate altro non è che il reato di lesa maestà, la negazione dell’esistenza di un potere superiore a quello divino.
E proprio qui risiede un colossale equivoco. “Sei tu il re dei Giudei?” gli chiede il prefetto Ponzio Pilato e Gesù risponde “ Tu lo dici”, procedendo a passo spedito verso la strada che lo porterà alla croce.
Gesù, in realtà, non ha alcuna intenzione di ambire alla sovranità terrena, il Suo è il Regno dei Cieli, non paragonabile a qualsiasi potere mondano. Ma non fa nulla, però, per chiarire questo equivoco.
Quintiliano, nella Institutio oratoria, ci ricorda che nel codice romano un imputato che rifiuta di difendersi è considerato colpevole: “Non ci può essere nessun processo se l’accusato tace”.
Quello a Gesù, quindi, fu sicuramente un processo politico, il primo processo politico della Storia, ma non fu una iniziativa illegale e non conforme alla legge allora vigente.
La condanna del Sinedrio, tuttavia, conservava ancora una valenza puramente religiosa, che per assurgere a decisione politica e avere concreta esecuzione doveva essere confermata dai funzionari dell’Impero Romano, i soli che avevano la competenza penale per comminare e far eseguire la pena capitale.
Ed ecco, quindi, che arriviamo al prefetto Ponzio Pilato, che esercitava al tempo stesso il ruolo di accusatore e di giudice, con buona pace della separazione delle carriere. Pilato, in realtà, rinvia Gesù ad Erode Antipa, sovrano del piccolo regno di Galilea, protettorato di Roma, il quale anch’egli chiede a Gesù se è in grado di compiere miracoli e di darne una dimostrazione ma, di fronte al silenzio dell’imputato, lo irride rispedendolo di nuovo davanti a Pilato, che poi si affida al cosiddetto privilegio pasquale, ovvero proponendo alla folla di scegliere chi salvare tra Gesù e Barabba, nei Vangeli ricordato come un prigioniero famoso, un brigante, un assassino.
Ma la folla, condizionata ed aizzata dai sacerdoti del Sinedrio, sceglie di liberare Barabba, mandando a morte Gesù tramite il martirio della crocifissione.
Questa è la storia come ci è stata tramandata e come la conosciamo. E da qui anche la leggenda di Pilato che, lasciando la decisione finale alla folla, se ne sarebbe lavato le mani, simbolo della ipocrisia umana.
Dal punto di vista religioso, quindi, il sacrificio di Gesù diventa funzionale alla sua ascensione divina e si configura come un evento necessario che ha gettato le fondamenta per la salvezza dell’intero genere umano.
Dal punto di vista giuridico, però, possiamo concludere che il processo che ha portato alla morte Gesù si basa sul più grande errore giudiziario della Storia, essendo la sua condanna perfettamente evitabile in quel contesto e potendo la sua posizione di imputato di blasfemia essere sicuramente difendibile nella istruttoria di un processo.