di Pierre De Filippo-
Se l’omicidio di Angelo Vassallo avviene nella tarda serata di domenica, 5 settembre 2010, a poche centinaia di metri da casa sua, la condanna a morte viene firmata la mattina del 26 agosto, quando due uomini a volto scoperto, uno pistola in mano, entrano minacciosi in una filiale della Banca dei Comuni Cilentani di Agropoli e si fanno dare dai cassieri duecentoquarantamila euro.
Un bel bottino!
Quella mattina Raffaele Annichiarico, Comandante dei Carabinieri della locale caserma, avrebbe dovuto incontrare Angelo Vassallo su richiesta del Pm di Vallo della Lucania Alfredo Greco.
Non si poté, per causa di forza maggiore, e l’incontro venne rinviato alla mattina di lunedì, 6 settembre.
Fuori tempo massimo!
Ma perché Angelo Vassallo vuole parlare con Annichiarico? Lo spiega bene Domenico Vaccaro, all’epoca vicesindaco di Lustra, già consigliere della Comunità Montana Alento-Monte Stella insieme a Vassallo.
“Il mio amico Angelo era molto preoccupato. Mi disse «Sono venuto a conoscenza di cose che sarebbe meglio non conoscere. Vogliono portare la camorra nel Cilento e io farò di tutto perché non avvenga. Ho paura che mi fanno fuori. Torno sempre a casa prima di mezzanotte, non faccio mai le stesse strade e non mi fermo a parlare con nessuno…»”.
Quella notte, però, lo fece.
Dopo una giornata trascorsa ad Acciaroli, Vassallo sta rientrando a casa a bordo della sua Audi station wagon.
Sono circa le 22.00.
Prende una stradina ripida e stretta che si inerpica fino ad un bivio che lo porterà alla sua abitazione.
Giunto quasi in prossimità del falsopiano, accosta sulla sinistra, contromano. Volontariamente?
Tira il freno a mano e apre il finestrino, come se volesse parlare con qualcuno.
In mano ha il cellulare.
Gli viene scaricato addosso un intero caricatore: nove colpi, di cui sette a segno. Lo colpiscono alla testa, alla gola e al cuore. La testa si inclina in maniera innaturale sulla spalla destra e la vita del “Sindaco pescatore” in pochi istanti si spegne.
Il primo ad accorrere sul posto, informato dal colonnello Francesco Merone, è proprio il Pm di Vallo della Lucania Alfredo Greco, che deve aver vissuto quei momenti con un misto di amarezza e disperazione. Sulle sue indagini più di qualcuno avrà qualcosa da ridire. Ma ci torneremo.
“Nell’immediatezza” – spiega Greco in una intervista a Le Cronache otto anni dopo – “diedi vita a tutta una serie di attività investigative. Innanzitutto chiamai la scientifica dei carabinieri di Salerno per i rilievi sul posto. Poi facemmo lo stub a persone che si ipotizzava potessero essere coinvolte. Il fatto che il povero Vassallo fosse stato trovato con il telefono in mano ci fece partire con il controllo dei tabulati telefonici per verificare se avesse fatto o ricevuto telefonate nell’imminenza. Interrogammo familiari e amici per ricostruire gli ultimi istanti di vita, per capire anche con chi si fosse incontrato. Disposizioni tutte verbali ovviamente: essendo di notte c’era la necessità di procedere rapidamente…”
Ma già il pomeriggio del 6 settembre, Franco Roberti – coordinatore della Direzione distrettuale antimafia di Salerno – avoca a sé e ai suoi uffici il caso.
“Nel pomeriggio del 6” – precisa Greco – “in una riunione a Salerno alla distrettuale, Roberti mi comunicò che l’indagine passava all’antimafia. Avevano notizie di indagini in corso di loro stretta competenza sulla situazione di Acciaroli per cui si pensò di inquadrare l’omicidio in un solco già tracciato”.
Non a caso, sarà proprio Roberti (e i suoi sostituti) a presenziare all’autopsia svolta dal dottor Francesco Vinci del Centro di Balistica Forense, che viene operata giorno 8 settembre e che individuerà come arma del delitto una semiautomatica calibro 9 per 21.
A questo proposito, sempre Greco nella stessa intervista preciserà: “Chi ha sparato doveva avere la mano ferma. Una calibro 9 porta al rinculo e si rischia di andare fuori obiettivo. I bossoli visti per terra erano ben raccolti, segno che l’assassino ha sparato con fermezza”.
Ed infatti, la pista della criminalità organizzata è la prima che viene percorsa.
La Repubblica della mattina del 6 infatti definisce l’omicidio di Vassallo “un agguato in pieno stile camorristico”.
A parlare è sempre Greco, che è il primo volto di quelle indagini.
“Vassallo si batteva per la legalità. Negli ultimi tempi era preoccupato e mi teneva costantemente informato sugli sviluppi di alcune vicende. Era un uomo che si batteva contro l’illegalità, sempre in prima linea. Quando accadeva qualcosa di particolare sul suo territorio me lo segnalava. Non hanno ucciso solo un uomo ma una speranza per il Cilento. Hanno voluto colpire chi si opponeva all’illegalità”.
Volevano portare la camorra nel Cilento.
A questo Angelo Vassallo si è opposto.
Per questo è stato ucciso.