di Michele Bartolo-
Nell’ambito del diritto di famiglia, merita risalto la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione in materia di assegno di mantenimento spettante al coniuge debole o, meglio, di assegno divorzile, ovvero gli emolumenti economici che devono versarsi anche dopo il divorzio, all’esito quindi della completa cessazione del vincolo matrimoniale.
L’aspetto rivoluzionario della sentenza, come sottolineato dall’avvocato Gian Ettore Gassani, noto matrimonialista e Presidente dell’associazione dei matrimonialisti italiani, consiste nell’impatto sociale che avrà l’esplicito riferimento anche al periodo della convivenza prematrimoniale ai fini del computo dell’assegno divorzile.
Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte riguardava una coppia di Bologna, prossima al divorzio appunto, nella quale lei, la donna, non lavorava né aveva lavorato per dedicarsi alla quotidianità familiare mentre lui, autore di testi musicali, aveva concesso una cifra mensile ritenuta insufficiente.
Dopo i primi due gradi di giudizio, arrivata in Cassazione, la vicenda è stata così definita dai Giudici del Supremo Consesso: “Nella fattispecie in esame la corte d’Appello, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, dovuto dall’ex marito alla ricorrente, non ha effettivamente considerato, nella valutazione del contributo al ménage familiare, dato dalla donna, anche con il ruolo svolto di casalinga e di madre, il periodo continuativo e stabile di convivenza prematrimoniale, avendo incentrato il giudizio oltre che sulle disponibilità economiche del soggetto onerato solo sulla “durata legale del matrimonio”».
Scrivono, ancora, i giudici della Suprema Corte: “Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione (…) dell’assegno divorzile, avente natura oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune (…) va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale (…) occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano confermato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio”.
Uscendo dai termini tecnici del diritto, deve anzitutto rilevarsi che si tratta di una sentenza emessa a sezioni unite, quindi di un vero e proprio sovvertimento dei precedenti principi ed indirizzi comunemente utilizzati ed applicati dai giudici del merito in tema di divorzio e, a questo punto, anche di separazione.
Una sentenza a sezioni unite, infatti, crea un vero e proprio indirizzo che impone uniformità di pronunce in tutti i procedimenti che tratteranno delle condizioni economiche da determinare all’esito dello scioglimento del vincolo matrimoniale.
Sicuramente, rimarrà onere del coniuge debole provare sia la stabilità e continuità del periodo di convivenza prematrimoniale, sia l’aver effettivamente rinunciato a prospettive lavorative e sacrificato la propria vita per il futuro marito e per la famiglia. Ma è indubitabile che, dal punto di vista sociale, venga fatta giustizia: ormai, nell’anno del Signore 2023, quasi 2024, la convivenza prematrimoniale possiamo dire che è quasi la regola, a tutti gli effetti sostitutiva del matrimonio stesso oppure immediatamente precedente alla decisione di convolare a nozze.
Non è quindi più un tabù o un caso isolato decidere di convivere ed è pertanto conseguente che il sistema giudiziario si adegui alla modernità ed al diritto reale, vivente, per essere più equo e rispondente alle esigenze del caso concreto.
La convivenza, infatti, è un periodo temporale che può durare anni, se non decenni, ed è proprio in quel periodo che si prendono le decisioni fondamentali per la vita di coppia tra le quali, certamente, quelle attinenti agli aspetti lavorativi ed economici. T
Tutelare il coniuge debole nel momento del divorzio, quando tutto finisce, dopo anni e decenni di convivenza prematrimoniale, se provata, non è altro che applicare la legge esistente tenendo conto dei mutamenti della società reale.