di Pierre De Filippo-
Nonostante le tante polemiche, ormai routine nel nostro Paese, che hanno accompagnato il viaggio di Mario Draghi a Washington da Biden – Salvini ma soprattutto Conte volevano che il Premier riferisse prima in Parlamento sul suo viaggio e sulle strategie da adottare d’ora in avanti in guerra – la visita del nostro Presidente del Consiglio è stata, secondo tutti i commentatori, importante e ricca di novità e notizie.
In primis, Draghi si è premurato – in diretta, oltretutto – di ribadire che “se l’obiettivo di Putin era quello di spaccare l’Occidente non c’è riuscito”. Questa è una incontrovertibile verità.
L’Occidente ha retto, seppur con qualche distinguo che è sempre necessario fare: Biden vorrebbe un finale cruento, togliersi una volta per tutte di torno l’antipatico nemico. Può farlo, se lo può permettere. Non deve fare i conti con la prossimità geografica e con la dipendenza energetica.
Per noi europei è diverso: serve, mai come in politica estera, visione e pragmatismo e bene ha fatto Draghi a ribadire che “occorre continuare a sostenere l’Ucraina e fare pressioni su Mosca ma bisogna iniziare a chiedersi come costruire la pace attraverso il percorso negoziale. Questa pace dev’essere la pace che vuole l’Ucraina, non una pace imposta da terzi. È l’Ucraina che definisce cos’è una vittoria”.
Un discorso chiaro rivolto sia alla nuora, la Russia, che alla suocera, gli Stati Uniti.
Una posizione che certamente serve anche a stemperare le ultime frizioni in seno alla maggioranza, con Salvini e Conte che hanno riscoperto la loro vena pacifista e antiamericana.
“È necessario” aggiunge ancora il Premier “sedersi tutti attorno a un tavolo per i negoziati” anche perché, precisa, se all’inizio della guerra c’era un Davide contro Golia, oggi le cose sono cambiate: la Russia rimane certamente un avversario di valore ma “non è più invincibile. E l’Ucraina non è più Davide…”.
Questa ridefinizione dei rapporti di forza rende possibile sedersi e discutere perché, sono ancora parole di Draghi, non esiste “un’unica possibilità per la pace”.
Il ragionamento è chiaro: sta a Zelensky dire cosa è per lui una vittoria ma lo dica con chiarezza e che sia realistica.
Ma Biden e Draghi hanno parlato anche di strategie complementari.
“Con Biden abbiamo parlato della crisi alimentare provocata dal blocco di grani vari dall’Ucraina perché i porti sono bloccati. Lavrov ha detto che sono bloccati perché i porti sono minati. Questo può essere un primo esempio di dialogo che si costruisce tra le due parti per salvare decine di milioni di persone”.
Rifornimenti alimentari e dipendenza energetica sono i due temi complementari principali. Rispetto al secondo, Draghi aggiunge: “ho parlato con Biden di come affrontare il problema dell’energia. Problema che va affrontato insieme. Ho ricordato a Biden la possibilità di mettere un tetto al prezzo del gas anche se l’amministrazione Usa sta riflettendo più su un tetto al prezzo del petrolio”.
“Tutto ciò” ha, però, aggiunto “non deve andare a detrimento degli investimenti sulle rinnovabili, che restano centrali”.
Sul come, sul quando, sul quanto possiamo certamente discutere ma è indiscutibile che sia questo l’unico metodo, pragmatico e concreto, col quale si possono affrontare questioni così complesse e ricche di diramazioni.
La presenza di Draghi, la sua autorevolezza internazionale, è per noi fonte di credibilità e peso politico, due qualità sulle quali quasi mai abbiamo potuto contare.
Sarebbe sciocco sprecare queste conquiste.