Un’altra giornata di ordinaria follia

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-di Pierre De Filippo-

Riprende più virulenta che mai l’offensiva russa in Ucraina, parallelamente ai negoziati “di pace”. Da Odessa – esplosioni nella notte – a Kharkiv, dove è stato colpito un impianto di medicina nucleare, fino a Sumy, che conta bambini tra le sue vittime, la situazione continua ad essere tragica. Proseguono a stento anche i corridoi umanitari coi russi che non rispettano la tregua e colpiscono i civili a Mariupol e “Zaporizzia”.
“Cessate il fuoco violato! Le forze armate russe stanno ora bombardando il corridoio umanitario di Zaporizhzhia e Mariupol. 8 camion e 30 autobus pronti per portare aiuti umanitari a Mariupol e per evacuare i civili di Zaporizhzhia”, scrive su Twitter Oleg Nikolenko, portavoce di Kuleba.
E voci provenienti dagli Stati Uniti sostengono la caduta di Kiev nel giro di 24-96 ore. Un dramma.

Il sindaco di Kharkiv: “siamo vittime del genocidio russo…”.
Un’altra giornata di ordinaria follia.
Per rimanere all’interno degli angusti confini ucraini, l’ex presidente filorusso Yanukovich scrive a Zelensky “fermati”. Chiaramente, lui manco a pensarci e rilancia: “Non ci arrenderemo”, però apre: “Niente ultimatum, Mosca deve iniziare a dialogare. Possibile compromesso su Donbass e Crimea…”. È sibillino ma chiaro e per la prima volta così esplicito.
Le forze ucraine, e questo potrebbe rendere tutto più difficile, avrebbero – il condizionale è d’obbligo – ucciso il generale russo Vitaly Gerasimov, oggi a Kharkiv. Ma è una guerra ed ognuno si piange i suoi morti.

All’estero, la situazione risente dell’incancrenirsi del conflitto e le borse rimbalzano ma reggono, Shell annuncia che non acquisterà più petrolio dalla Russia, mentre l’Unione Europea annuncia – tardivamente di decenni – che “eliminiamo dipendenza da petrolio, gas e carbone importati dalla Russia”.

Per il Ministro della Difesa italiano Guerini “Putin fermi l’aggressione all’Ucraina, la cui condanna ha trovato coesione e unità nella comunità internazionale” mentre Zelensky ha parlato in pomeriggio alla Camera dei Comuni inglese dopo che, in nottata, 300 ucraini erano stati rimandati indietro a Calais. Per dire che, nonostante la determinazione di Johnson, gli inglesi non sono poi così ospitali.

Secondo l’UNHCR, sono già oltre due milioni i rifugiati pronti a migrare altrove.
Poi ci sono due ulteriori voci, autorevoli e informate sui fatti, che fanno previsioni fosche. Il primo è il segretario della Nato Stoltenberg: “Conflitto fuori controllo se va oltre l’Ucraina. Abbiamo la responsabilità di garantire che il conflitto non si intensifichi e non si diffonda oltre l’Ucraina, che sarebbe anche più pericoloso, distruttivo e ancora più mortale”.

Il secondo è Valdis Dombrovskis, lettone e vicepresidente della Commissione europea, che dice che: “se non sosteniamo l’Ucraina, i prossimi nel suo mirino saranno i Paesi baltici”. Bisogna, a suo dire, “fare di più perché questa aggressione purtroppo non si ferma, quindi dovremmo trovare un modo per fermare la capacità di Putin di finanziare la guerra”.

Certamente, Dombrovskis teme per la sua terra, per la sua gente. Ma è un pensiero che stanno facendo in molti se, come si dice, la sua vera intenzione è quella di ricostruire una sorta di impero zarista del nuovo millennio.
E occhio alla Polonia. Occhio alla Polonia.

Chiudiamo, per forza di cose, con una nota di colore: l’ha detto e l’ha fatto. Gli avevano detto che non era il caso, che era meglio se restava a casa ma lui no, temerario come sempre, s’è mosso. Convinto. E, si sa, è la convinzione che… inguaia la gente.
Salvini è andato in Polonia, precisamente a Przemysl, dove il suo sindaco Wojciech Bakun prima ha parlato – tanto Salvini non lo capiva – e poi ha estratto dal giubbino una maglia, indossata illo tempore dal leghista con su disegnata l’effigie del mito Putin. Il sindaco l’ha maledetto in polacco per quella maglietta.
Chi, invece, l’ha contestato in italiano è stato un gruppo di connazionale che, trovandosi già lì, non hanno perduto occasione per gridargli “buffone”.
Un consiglio all’amico Salvini: se vuole fare il sovranista lo faccia bene, stia a casa.

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