Stop allo stop ai motori a scoppio: segnale forte a Cina ed USA

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-di Antonino Papa-

È noto a tutti che Italia e Germania, due Paesi nemici-amici, in tema di motori ed automotive sono solidissimi alleati; non solo in virtù del fatto che per decenni hanno dettato legge nel mondo ma soprattutto perché gran parte della componentistica delle auto tedesche è di produzione italiana.

Questa insolita alleanza si è rafforzata da quando l’Unione Europea ha iniziato a pressare i paesi membri affinché fosse approvata la risoluzione che vieta la commercializzazione dei motori a scoppio a far data dal 1 gennaio 2035, in nome di una pseudo-salvaguardia dell’ambiente (che non esiste) che non è altro se non un alibi per poter perseguire gli interessi USA e di riflesso Cinesi.

La Cina, infatti, detiene circa l’80% delle terre rare di tutto il pianeta, ovvero quei siti ricchi di elementi necessari alla produzione di batterie, microchip e dispositivi elettronici; ed a questo punto, per i più, l’obiezione è d’obbligo: cosa c’entrano gli Stati Uniti in tutti ciò?

La risposta è semplice, gli USA sono legati alla Cina (possiamo dire anche che da essa dipendono) per svariati fattori: circa il 70% del debito pubblico a stelle e strisce è in mani cinesi, gran parte dei mostruosi fatturati delle Big Tech USA è strettamente connesso a Taiwan (presto sotto il controllo di Pechino), ed alla Cina stessa, e non da ultimo, come citato, il fatto che la nazione di Xi Jinping detiene l’80% delle terre rare; tradotto in parole semplici significa che la Cina ha il potere di fermare la produzione in tutto il mondo di ogni dispositivo elettronico, batterie e microchip.

La spinta verso l’elettrico che l’Unione Europea avrebbe voluto imprimere al settore della mobilità, nello specifico automotive, non era dettata dalla smania di tutelare l’ambiente bensì dall’assecondare le direttive USA al fine di perseguire gli interessi di questi ultimi tra i quali anche il controllo dell’Ucraina avendo il placet di Pechino ed il tentativo di distruggere l’economia russa per impossessarsi degli interscambi commerciali in Europa.

Ovviamente la Cina (che indirettamente controlla la finanza USA, e parte della produzione hi-tech) non agisce a fin di beneficienza e pertanto il prezzo da pagare, affinché il Governo Biden sia soddisfatto, è abbastanza elevato, anzi, era, perché alla luce di quanto accaduto le dinamiche sono repentinamente mutate, e soprattutto le visioni strategiche future in tema di emissioni.

Italia e Germania in primis, seguite da Polonia ed Ungheria, hanno posto un freno con l’intento di deviare la rotta intrapresa dalla UE al fine di non ritrovarci in un futuro non lontano a dipendere dalla Cina attraverso gli USA e solo per difendere gli interessi di questi ultimi ma non quelli europei.

Inoltre, il rifiuto di approvare lo stop al divieto di commercializzazione dei motori a scoppio dal 2035, è anche un chiaro segnale per l’establishment d’oltreoceano che aveva fatto i conti senza l’oste, e soprattutto perché il futuro della mobilità non è assolutamente elettrico in quanto i relativi processi produttivi e di smaltimento sono molto più inquinanti dell’attuale impianto produttivo, emissioni comprese.

 

Il messaggio che Italia e Germania, principalmente, hanno voluto inviare ai vertici dell’Unione è soprattutto politico, sebbene sia anche in ottica di una reale tutela dell’ambiente e dell’occupazione perché esistono validissime e migliori alternative all’elettrico per la mobilità, a partire dall’Idrogeno e dai carburanti sintetici sui quali molti Governi stanno investendo.

Alla luce di tutto ciò, inevitabilmente, varieranno alcune dinamiche ed equilibri sui quali si era basata la diplomazia finora e le visioni future.

La Cina è oltretutto, ago della bilancia, o arbitro, tra Russia ed Ucraina e, di riflesso, tra Russia e mondo Occidentale (leggi USA) e la probabile rinuncia a sviluppare il percorso elettrico per la mobilità spingerebbe Pechino in una non leggera crisi per i prossimi anni.

In pratica ciò che Italia e Germania hanno fatto potrebbe avere conseguenze storiche per il mondo intero; infatti, il loro diniego a quanto chiesto dalla UE ha fermato non solo lo strapotere cinese ma anche aperto gli occhi al mondo su quale sia realmente la scelta migliore per tutelare allo stesso tempo ecosistema ed occupazione.

Per un blocco di Paesi che si ritengono democratici e rispettosi dell’ambiente non è ammissibile dipendere da nazioni, come la Cina appunto, che hanno ordinamenti autoritari e repressivi, in primo luogo, e che sono responsabili dell’80% dell’inquinamento del pianeta.

… Senza poi aggiungere la ormai inflazionata e strumentalizzata cantilena della difesa dei diritti umani ad orologeria che viene tirata fuori quando conviene … a loro, ovvero a coloro che vorrebbero imporci la totale cancellazione dei diritti umani e delle libertà di scegliere.

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