La Verità non può essere infoibata- di Claudia Izzo-
Il “Giorno del Ricordo” è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno. Ogni anno affinché non si dimentichi; “Giorno del Ricordo”, dunque, per conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
Il giorno ovviamente non è casuale: il 10 febbraio è il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di pace che assegnava alla Jugoslavia l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia.
Ma cosa sono le Foibe? Cosa significa “infoibare”?
Si tratta di grandi inghiottitoi carsici, chiamati, appunto, “foibe” nella Venezia Giulia, dove furono fatti cadere interminabili file di uomini legate da catene. L’uno si portava dietro gli altri. Di qui il neologismo “infoibare”, sinonimo di uccisioni di massa, senza dimenticare gli eccidi durante le deportazioni e nei campi di prigionia slavi. I sostenitori di Tito, volevano infatti, eliminare fisicamente tutti gli italiani presenti sui territori da conquistare per giustificarne il possesso.
Ma cosa avvenne davvero? Veri e propri massacri, eccidi ai danni della popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia, in quel complesso momento storico che va dalla seconda guerra mondiale all’immediato dopoguerra ad opera dei Comitati di Liberazione Jugoslava.
La disputa era tra italiani e popoli slavi per il possesso delle terre dell’Adriatico orientale, vere lotte intestine fra i diversi popoli che in quell’area vivevano mentre avvenivano le grandi ondate epurative jugoslave, dovute al crollo della dittatura fascista, mentre si andava imponendo quella di stampo filosovietico.
Tra i tanti, un giovane trentenne italiano, partito alla volta della Dalmazia come “insegnante italiano all’estero” si trovò a vivere questa triste pagina di Storia: camion di carabinieri italiani incendiati, italiani perseguitati, scuole italiane adibite a centri di accoglienza per gli innumerevoli feriti che arrivavano senza tregua. Essere italiani all’estero in un momento storicamente sbagliato significava morire quasi certamente. I primi ad essere eliminati erano proprio insegnanti, funzionari statali. Fu proprio in questi luoghi, tra rastrellamenti di uomini e incendi, che la giovane sposa del maestro italiano, incinta, si improvvisò crocerossina per lenire le sofferenze di tanti. Dolore, tragedie, disumanità. Poi l’ordine dall’ Italia di rientro per donne e bambini mentre gli uomini restavano fino all’ 8 settembre. Data storica, questa, di grande confusione, in cui, mentre i treni scendevano dal Nord Italia, riportando chi, come l’insegnante italiano era stato costretto a fuggire, quelli tedeschi salivano a Nord mitragliando i vagoni in transito. Quel giovane era mio nonno, Luigi Izzo.
Altri pericoli l’attendevano nel suo viaggio di ritorno, rischiando di essere fucilato dai tedeschi che fuggivano per l’avanzata degli Alleati. Solo dopo tutto ciò potè riabbracciare la moglie Ida Fanelli ed il piccolo Elio ormai nato, facendo ritorno a Forino, a casa del suocero. ‘ E’ anche attraverso questi racconti che diventa chiaro l’appellativo riservato a tanti, “Profugo Dalmata”.
Tutto ciò perché i racconti meritano di essere ascoltati, soprattutto da parte delle nuove generazioni. E la verità non può essere INFOIBATA.
Disegno di copertina a cura di Sergio Del Vecchio-