L’uomo che osò smascherare lo Zar- di Claudia Izzo
E’ stato insignito del “Premio Sacharov” nel 2021, il premio annuale per i diritti umani del Parlamento Europeo e David Sassoli, all’epoca Presidente, lo aveva così motivato: “Naval’nyj ha combattuto instancabilmente contro la corruzione del regime di Vladimir Putin. Questo gli è costato la libertà e quasi la vita”. Di lì a poco la commissione carceraria russa ha definito Naval’nyj come “terrorista”.
«Se mi uccideranno, non arrendetevi», sono le parole di Alexei Anatolievich Navalny al popolo russo. Lui, uno dei tanti personaggi scomodi al governo putiniano, ma uno dei pochi che non ha rinunciato, fino alla fine, a far sentire la sua voce, l’oppositore numero uno di Vladimir Putin, attivista, politico e blogger, è morto ieri, 16 febbraio a 47 anni. Più precisamente è stato fatto fuori, ieri sera, dal regime russo nella colonia penale numero 3, detto Lupo Polare nella cittadina Kharp, 1700 Km a Nord di Mosca, dove era stato trasferito mesi fa per scontare una pena di 19 anni. In questo luogo fuori dal mondo, il dissidente ci è arrivato come tutti i prigionieri, trasportato negli Stolypin, una eredità dei Gulag. Questi sono treni senza finestre in cui vengono ammassati i prigionieri per settimane e anche mesi, per chilometri infiniti, verso le colonie correttive situate in zone remote del paese.
L’accusa? Estremismo. Per il servizio carcerario Navalny “si è sentito male dopo una passeggiata e ha perso quasi immediatamente conoscenza”.
Facciamo un passo indietro.
Nel 2014, Navalnyv ed il fratello Oleg sono condannati a 3 anni e sei mesi di carcere. Motivazione? Appropriazione indebita, 30 milioni di rubli sottratti dalla loro compagnia di trasporti Glavpodpiska ai danni dell’azienda francese di cosmetici Yves Rocher. Ad Aleksej venne concessa la sospensione in via condizionale, con l’obbligo di presentarsi alle autorità per due “firme” mensili fino al 30 dicembre 2020. Nel 2017 viene arrestato con centinaia di persone a causa di una manifestazione, non autorizzata, contro la corruzione del Governo. Sempre nello stesso anno viene nuovamente arrestato, con circa 1500 persone, sempre a causa di nuove proteste nei confronti della corruzione.
E’ il 20 agosto 2020, quando Naval’nyj viene avvelenato a bordo dell’aereo S7 Airlines che da Tomsk lo stava conducendo a Mosca. L’aereo effettua un atterraggio di emergenza. Naval’nyj viene portato al reparto di rianimazione tossica dell’Ospedale di emergenza clinica della città di Omsk, Naval’nyj cade in coma ed viene collegato ad un ventilatore.
La famiglia ed il Partito Russia del Futuro si rivolgono alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al presidente francese Emmanuel Macron, così un aereo vola dalla Germania a Omsk per trasportare Naval’nyj in una clinica di Berlino. I medici russi definiscono le condizioni di Naval’nyj “instabili”, l’attivista cioè era “non trasportabile”, e non viene firmata l’autorizzarne al trasporto, ma il 22 agosto Naval’nyj atterra a Berlino, ricoverato all’ospedale della Charité. Il 2 settembre il governo tedesco conferma l’ipotesi dell’avvelenamento: le analisi su Naval’nyj confermano cioè la presenza del micidiale agente nervino Novichok, già utilizzato per avvelenare l’ex spia Sergej Skripal’ e sua figlia a Salisburgo nel 2018. Il dissidente più famoso della Russia esce dal coma indotto e lascia la Germania dove era in cura per gli effetti dell’avvelenamento e torna in Russia dove si ha l’arresto cautelare per aver violato la condizionale nel caso Yves Rocher, dove Aleksej è stato giudicato colpevole di appropriazione indebita di 30 milioni di rubli ai danni dell’azienda, che implicava due firme mensili fino al 30 dicembre 2020.
Lo scandalo scoppia quando il 14 dello stesso mese viene pubblicata un’indagine di The Insider e Bellingcat in collaborazione con la CNN e Der Spiegel, che coinvolgeva agenti del Servizio di sicurezza federale (FSB) russo, specializzato in sostanze chimiche, nell’avvelenamento di Naval’nyj.
Fu allora, come risulta anche da video andati in onda in vari documentari, che il dissidente telefonò, sotto mentite spoglie, a Konstantin Kudryavtsev, uno degli agenti dell’FSB coinvolti. Il dissidente si presenta infatti come aiutante di Nikolaj Patrušev (direttore del FSB) chiedendo perchè fosse fallito il tentato avvelenamento. Kudryavtsev afferma, inconsapevole del piano, che il Novichok era stato applicato ai boxer di Naval’nyj mentre si trovava in hotel a Tomsk. Il veleno però non raggiunge l’effetto letale a causa del suo assorbimento troppo lento. Gli indumenti di Naval’nyj sono stati poi recuperati dallo stesso Kudryavtsev per rimuovere le tracce del Novichok.
Il 17 gennaio 2021 è l’anno del processo per direttissima: al ritorno a Mosca dopo il periodo di degenza a Berlino, venne arrestato presso l’Aeroporto di Mosca-Šeremet’evo da forze di polizia in assetto anti-sommossa; il 2 febbraio è stato condannato a due anni e otto mesi di carcere; il 10 agosto del 2021, accusato di aver creato «un’associazione non-profit che viola le persone e i diritti dei cittadini», rischiando altri 3 anni di reclusione. Nell’agosto 2023 Naval’nyj è stato condannato ad altri 19 anni di carcere per aver “presumibilmente finanziato attività estremiste, incitato pubblicamente ad attività estremiste” e “riabilitato l’ideologia nazista”.
Il 31 marzo 2021, Naval’nyj, privato delle cure mediche, inizia uno sciopero della fame e viene ricoverato per sospetta tubercolosi, i medici hanno dichiarato che sarebbe potuto morire da un momento all’altro. Il 7 giugno 2021 Naval’nyj è tornato in carcere. A dicembre 2023 Naval’nyj diventa infatti irreperibile per quasi tre settimane e le autorità penitenziarie e le istituzioni rifiutano di fornire informazioni in merito al suo trasferimento.
Il finale di questa tragedia, purtroppo, è cronaca di questi giorni.