Così muore il leader dell’autoproclamato Stato Islamico

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Un suicidio, per salvarsi …. – di Claudia Izzo-

E’ morto nella notte tra sabato e domenica 27 ottobre facendosi esplodere per non cadere nelle mani degli americani. E’ Abu-Al-Baghdadi, fondatore e leader dell’autoproclamato Stato Islamico, l’ISIS; terrorista e ricercato numero uno dagli Stati Uniti. Per Donald Trump “è morto come un cane” il terrorista più temuto al mondo che non ha voluto arrendersi, correndo in un tunnel senza uscita dove, capendo che ogni di via di fuga gli era preclusa, si è fatto esplodere grazie ad un giubbotto imbottito di esplosivo, come le due mogli. Con lui, tre figli,  il capo della sicurezza ed altre due persone.

Mentre i Curdi del Royava, abbandonati dagli americani, vengono allontanati dai territori autogestiti, affinché Erdogan possa realizzare, appoggiato dagli alleati, la “green zone”, un disegno da 27 miliardi di dollari con un  contributo dell’ Unione Europea, per un’ora stanotte,  otto elicotteri delle Forze Speciali Americani e due droni hanno fatto fuoco e sorvolato parte del cielo di Barisha. E’ questo un villaggio siriano a 37 chilometri da Idlib. E’ qui che si nascondeva il Califfo che ha presieduto i tribunali religiosi, colui che giudicava i cittadini accusati di aiutare il Governo iracheno e le forze della coalizione, che organizzava il rapimento di singoli o di intere famiglie, che organizzava le accuse e pronunciava le sentenze giustiziando pubblicamente migliaia di oppositori, senza pietà. Nel luogo più top secret del mondo, scoperto dagli USA, è stato anche trovato “materiale sensibile” con i futuri piani dell’ISIS.

Classe ’71, studi in diritto, Abu-Al-Baghdadi ha conosciuto il centro di detenzione statunitense di Camp Bucca nel 2004, ma fu rilasciato lo stesso anno come “prigioniero di basso livello”. Ammontava a  25 milioni di dollari la taglia sulla testa del Califfo che diceva che avrebbe conquistato Roma e che l’Europa intera sarebbe stata assoggettata all’Islam.

Certo, un colpo al cuore per l’ISIS da parte degli Stati Uniti grazie all’aiuto di Turchia, Russia, Siria, Iraq e Forze Curde. Un colpo al cuore dell’autoproclamato Stato Islamico, dunque, come quello sferrato nel maggio del 2011 da Barack Obama che riuscì a uccidere Obama Bin Laden ad Abbottabad, in Pakistan. Due azioni d’assalto, entrambe nella notte, concluse, entrambe, con la morte dei leader. Ma la Storia, si sa, ci insegna a non cantare vittoria; la lotta al terrorismo continua.

Si è ucciso dunque, l’impavido Califfo. Nel Corano si legge che Allah premia i suoi kamikaze con il Paradiso per direttissima e vergini bellissime dai grandi occhi neri e «turgido seno», ma in questo caso, ci chiediamo, si tratta di un “martire” o di un mediocre indottrinato, per di più vile?

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