Napoli, culla dimenticata della settima arte

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-di Giuseppe Esposito-

Se non ci fosse, bisognerebbe inventarla. Quante volte abbiamo sentito questa affermazione in riferimento ad una cosa che sembra così essenziale da non poterne fare a meno? Ebbene c’è qualcuno che la pensa così anche su Napoli. Uno tra i tanti, per non andare troppo indietro nel tempo, fu Lucio Dalla, il quale affermava:

Io non posso fare a meno, due o tre volte al giorno, di sognare di essere a Napoli. Sono dodici anni che studio, tre ore alla settimana, il napoletano; perché se ci fosse una puntura da fare intramuscolo, che costasse anche 200.000 euro, io me la farei. Per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni.”

Ma il fascino esercitato dalla sirena Partenope risale indietro nel tempo ad alcuni millenni or sono. Al tempo dei greci e dei romani che sulle sponde del golfo avevano impiantato le loro ville e addirittura creato a Baia una sorta di Montecarlo dell’Impero. Napoli è stata poi, in secoli a noi più vicini, la meta del Grand Tour per tutti quei rampolli della maggior parte delle famiglie aristocratiche europee che non potevano completare la loro educazione senza una visita ai luoghi della classicità. Ma quello che più attira i visitatori ed affascina non sono i monumenti o le bellezze naturali di cui il Padreterno ha abbondantemente dotato Napoli, ma è l’atmosfera che vi si respira. È l’aria stessa che si avverte in città ed è l’indole particolare dei suoi abitanti. La loro espansività, il carattere estroverso, la socialità e tutto quello che faceva dire ad Eduardo:

“Napule è nu paese curiuso:

è nu teatro antico sempe apierto.

Nce nasce gente ca senza cuncierto,

scenne p’’e strate e sape recità.

 A riprova di questo suo essere particolare, Napoli è stata riconosciuta come la città col maggior numero di chiese e, soprattutto con il maggior numero di teatri. Se ne contano ben trentadue. Dal massimo il San Carlo all’Augusteo, dal Mercadante al Sannazzaro, per citare solo quelli più conosciuti. E tale primato è, certamente, da mettere in relazione coll carattere degli abitanti. Come pure è riconducibile ad esso un altro primato quale quello della nascita del cinema, avvenuto nel periodo della Belle Epoque. Cosa questa ignorata o sottaciuta in tutti i manuali di storia del cinema. Napoli fu la culla di quella che sarà poi definita la settima arte. Nei primi anni del secolo scorso, sulla collina del Vomero sorsero numerosi capannoni per ospitare quelle che, al tempo, erano definite manifatture cinematografiche. Via Roma, a quei tempi divenne quello che più tardi sarebbe stata via Veneto nella Roma degli anni Cinquanta e Sessanta, la Roma dei Fellini, dei De Sica, dei Rossellini e di tanti altri.

Nei primi decenni del XX secolo quel ruolo fu ricoperto a Napoli dai vari Troncone, veri pionieri e poi da Gustavo Lombardo. Costui rilevò gli stabilimenti della Polifilm, su al Vomero, trasformando la società, prima in Lombardo Film e più tardi nella Titanus, una delle maggiori società cinematografiche italiane di tutti i tempi.

A Napoli si affermò la prima donna regista, quella Elvira Notari, antesignana di tutte le donne di cinema. Ed a Napoli nacque, con Francesca Bertini quel fenomeno che sarà chiamato in futuro divismo. La Bertini si affermò in ”Assunta Spina”, film del 1915, tratto dal dramma di Salvatore Di Giacomo e diretto dal regista Gustavo Serena. Questi ebbe a dire della Bertini e della sua personalità dirompente:

Chi poteva fermarla? La Bertini era così esaltata dal fatto di interpretare la parte di Assunta Spina, che era diventata un vulcano di idee, di iniziative e di suggerimenti. In perfetto dialetto napoletano, organizzava, comandava, spostava le comparse, il punto di vista, l’angolazione della macchina da presa; e se non era convinta di una scena pretendeva di girarla di nuovo secondo le proprie vedute.”

Negli anni Venti, Mussolini decise di concentrare tutte le produzioni cinematografiche a Roma e fondò Cinecittà. Napoli fu così privata del proprio ruolo, poiché il fascismo decise di limitare l’uso dei dialetti anche nelle manifestazioni artistiche e di tenere sotto controllo un mezzo che aveva una grande importanza dal punto di vista della propaganda di regime. Tuttavia anche allora Napoli continuò a contribuire all’attività cinematografica con schiere di artisti i quali avevano esordito prima sulle tavole del palcoscenico teatrale. I De Filippo, i Taranto, gli Giuffrè tanto per citare i più noti ebbero sempre un ruolo di primo piano nel cinema, e ciò senza dimenticare i numerosi caratteristi, senza i quali anche gli attori di primo piano non avrebbero potuto raggiungere il successo che fu loro decretato.

Chi non ricorda i nomi di Tina Pica, Enzo Turco, Dolores Palumbo, Carlo Croccolo e Enzo Cannavale? Ma la storia continua, poiché aveva ragione il grande Eduardo il teatro è nel sangue dei napoletani e, finche sarà vivo, non potrà fare a meno di Napoli. Un  ultimo omaggio a Napoli è quello recente di John Turturro che dall’America è venuto a Napoli per girare il suo film Passione, interamente dedicato alla nostra città. Possiamo dunque concludere che Napoli è un aspetto irrinunciabile della nostra civiltà, o meglio della civiltà tout court.

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