Il vero augurio di Pasquetta

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L’immagine della foto riassume, forse, quella che è l’idea che molti di noi hanno di questo giorno: le gite fuori porta, un pic-nic sull’erba ed un primo assaggio dell’aria di primavera. Un’idea cioè di libertà e di allegria. Oggi non è così e siamo tutti rintanati in casa ed in ognuno di noi serpeggia la paura. Il timore che questo sconosciuto microscopico nemico sia più difficile da debellare di quanto si sperava all’inizio. La scienza ed il progresso ci avevano disabituati a reggere il confronto con una realtà davanti alla quale non si sa bene come reagire. Siamo sguarniti sia sul piano pratico che su quello psicologico. Il nostro rapporto con la morte, l’idea stessa di essa è stata rimossa.  In proposito è interessante richiamare quanto scriveva Philippe Ariés, nel suo: Storia delle morte in occidente dal Medioevo ai nostri giorni”. Lì egli affermava: “Nel XIX secolo la morte era dappertutto presente: cortei funebri, abiti da lutto, l’estensione dei cimiteri e della loro superficie, visite alle tombe e culto della memoria. Ma questa pompa non nascondeva l’affievolirsi dell’antica familiarità, l’unica veramente radicata? In ogni caso questo eloquente scenario si è dissolto nell’epoca nostra e la morte è divenuta l’innominabile. Ormai tutto avviene come se né io, né tu, né quelli che sono a noi cari fossimo più mortali.

Sullo stesso argomento Jean Baudrillard scriveva:Al giorno d’oggi non è normale essere morti. Essere morti è un’anomalia, rispetto alla quale tutte le altre sono inoffensive. La morte è una delinquenza, una devianza incurabile.

E tutto ciò descriveva fedelmente quello che era divenuto il nostro rapporto con la morte. Ma oggi, questa incredibile, inattesa pandemia rischia di riportarci indietro nel tempo. Basti pensare infatti che non più di settanta, settantacinque anni fa, i nostri genitori erano stati costretti a considerare la morte come parte integrante della vita. La guerra aveva riportato tutti ad una familiarità molto stretta con essa. Restiamo alla giornata di oggi, al Lunedì in Albis, giornata che chiamiamo familiarmente Pasquetta e poi spostiamo indietro le lancette del tempo fino alla Pasquetta del 26 aprile 1943: ecco affiorare  il ricordo di quello che fu definito “Il bombardamento di Pasquetta”. Avvenne a Grosseto in quel giorno di festa per tutti. Fino a quel momento non c’era stato, nella zona, alcun bombardamento. Pertanto le famiglie sciamavano, nel pomeriggio, appena fuori le mura, in una zona dove vi era un luna park e sulle giostrine i bimbi si divertivano. Non era un obbiettivo sensibile, non vi erano caserme, nè installazioni militari o capannoni industriali, eppure l’orrore arrivò dall’alto e su quella gente inerme furono riversate una quantità enorme di bombe. Le vittime furono 134. L’attacco era stato condotto nell’ambito di un’operazione denominata, con tragica ironia, “Operazione uovo di Pasqua”. Una squadra di 48 fortezze volanti, lanciarono 400 bombe da 300 libbre e 200 bombe a frammentazione, le cosiddette cluster bombs.

Era, quel lunedì di Pasqua, la prima volta che i bombardieri alleati si spingevano così a nord ed il loro obbiettivo era la scuola dei piloti di aerosiluranti tedesca posta all’interno dell’aeroporto. Invece le bombe caddero sulla città causando una paurosa stragi di bambini inermi.  Dopo la fine della guerra abbiamo goduto del più lungo periodo di pace mai conosciuto e dunque la morte era diventata per noi qualcosa di remoto e come diceva Ariés, innominabile e noi stessi ci sentivamo non più mortali. Questa pandemia, la cui  si è incaricata di ricordarci la nostra fragilità e la nostra follia. La follia di una società tutta tesa al profitto e per la quale il valore della vita umana era diventato trascurabile. Una società crudele innervata dall’egoismo. Quello stesso egoismo che ancora in questi giorni alcuni paesi della civilissima Europa stanno dimostrando. In questa nostra Pasqua preghiamo Dio che quei ciechi adoratori del denaro possano ravvedersi. Ma bisogna che lo facciano in fretta. Ecco questo è l’auspico in questo giorno.

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