
-di Giuseppe Esposito-
In questi tristi giorni in cui una pandemia senza precedenti attanaglia il mondo intero in una morsa da cui appare difficile svincolarsi per la mancanza di mezzi idonei a combattere il virus che, indisturbato, continua a mietere vite umane, d’improvviso un lampo ha rischiarato l’orizzonte. Gli sguardi di tutti si sono volti verso quella luce e taluno si è mostrato stupito per la direzione da cui essa proveniva, quel Sud negletto, svilito, rapinato eppure tanto utile al prosperare di coloro che compresi nella loro boria, si considerano migliori degli altri. Ipocriti o gente in malafede, ignoranti, nel migliore dei casi, poiché solo l’ignoranza può fare da schermo a chi guarda al meridione come ad una terra incolta.
Dalla pandemia attuale Covid-19, al passato.
Il fatto che la prima intuizione terapeutica in grado, non dico di sconfiggere il virus, ma almeno di salvare tante vite umane dalla morte, è sembrato a tanti pseudoscienziati del Nord una cosa inconcepibile, invidiosi dell’ammirazione universale guadagnata sul campo dagli ospedali napoletani, a fronte dello scempio cui abbiamo assistito in quelli lombardi e piemontesi. Ma se una luce è giunta da Napoli non è un caso. L’intuizione dell’equipe del dottor Ascierto si inserisce nell’alveo di una lunga tradizione iniziata addirittura nel secolo XI, con la nascita della Scuola Medica Salernitana. Scuola che ha operato fino alla fine del secolo XVII. Poi agli inizi del XIX, Gioacchino Murat, sul trono di Napoli decise di accentrare gli studi nell’antica Università di Napoli, dove erano già riunite tutte le altre discipline umanistiche e scientifiche. Università forse tra le più antiche del mondo, risalendo la sua fondazione al 1224, ad opera di Federico II. Nell’ambito della tradizione medica napoletana si incontrano figure fondamentali per il progresso della conoscenza. Tanto per citarne una alla quale, guarda caso, è intitolato l’ospedale napoletano in cui opera il dottor Ascierto e la sua equipe:Domenico Cotugno.
Il personaggio.
Questi era tanto famoso e godeva di una tale stima ai suoi tempi che si soleva scherzosamente affermare che a Napoli non si poteva morire senza il suo permesso. Cotugno fu tra i fondatori della medicina moderna, basata sulla ricerca e sull’analisi clinica. Durante la sua vita si dedicò completamente al suo Ospedale degli Incurabili che era, allora tra i più avanzati d’Italia e forse del mondo.
Domenico Cotugno nacque a Ruvo di Puglia nel 1736, da genitori di umile condizione. Si applicò agli studi con determinazione e grande passione, mostrando una precoce propensione per le scienze naturali e la medicina. Trasferitosi a Napoli, nel 1755, conseguì la laurea in chirurgia e cominciò a lavorare all’Ospedale degli Incurabili di cui, nel 1761, fu nominato primario di Chirurgia. Aveva da poco compiuto trent’anni ed aveva messo a repentaglio la propria salute, contraendo molte infezioni, pur di portare avanti le sue ricerche. Nel 1776 ottenne la cattedra universitaria di Anatomia. Riportò i risultati raggiunti in alcuni fondamentali trattati quali: De aquaeductibus auris humanae internae, nel quale dette conto del fatto che il labirinto dell’orecchio interno era pieno di liquido e non di aria, come si era fino ad allora sostenuto; nel De ischiade nervsa commentarius riportava come la sciatica fosse dovuta ad una infiammazione del nervo causata da una sostanza acida proveniente dalla cavità cranica o spinale. Sostanza che fu poi chiamata , in suo onore, “liquor Cotumni”; De sedibus vaiolarum syntagma, in cui sostenne la validità della inoculazione, in base alla qual convinzione, appoggiò più tardi la vaccinazione proposta da Jenner.Inoltre, Domenico Cotugno annotò la presenza di albumina nelle urine dei pazienti nefropatici e studiò la tubercolosi.
Rivolgendosi agli allievi dell’ospedale era solito esortarli all’osservazione della natura con queste parole: Ecco qual debba essere il vostro studio, la vostra applicazione, la vostra industria: non istancarvi mai di vederla, di conoscerla, di ascoltarla. Le sue voci son mute, ma efficaci. Chi si familiarizza seco lei, diviene suo sacerdote vero.
Divenne direttore dell’Ospedale degli Incurabili mantenendo la cattedra di Anatomia per oltre trent’anni. Fu medico personale del re Ferdinando IV. Si sposò solo nel 1794 con Ippolita Ruffo, duchessa di Bagnara. Nel 1718 fu colpito da in ictus cerebrale e morì nel 1822, all’età di 86 anni.