American Minerva, il primo quotidiano di New York

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di Giuseppe Esposito

Nel corso dei secoli XVII e XVIII gli inglesi disponevano di ben diciassette colonie note come Colonie britanniche. I loro sistemi politici, amministrativi e legali erano del tutto simili ed erano popolate essenzialmente di protestanti bianchi. Essi, nel 1625 non superavano il numero di 2000, mentre nel 1775 erano arrivati a 2.400.000 abitanti. Il loro incremento aveva spinto le popolazioni di nativi americani a spostarsi verso ovest.

In quelle colonie verso la fine del secolo XVII cominciarono a diffondersi diversi giornali il cui stile ed i cui contenuti erano simili a quelli dei fogli che pubblicati nella madrepatria giungevano anche lì; del resto anche i vari tipografi erano emigrati in America dalla Gran Bretagna. Ma assieme ai giornali giunse dall’Inghilterra il principio della libertà di stampa che attecchì immediatamente fra i coloni i quali, nella messa in pratica, andarono ben oltre gli inglesi stessi.

La periodicità di quei primi giornali era alquanto incerta, spesso erano trisettimanali.

La città che vide per prima la nascita di giornali locali fu Boston, fondata da un gruppo di colti emigrati, approdati sull’altra sponda dell’Atlantico per motivi essenzialmente religiosi e politici. Boston era stata fondata nel 1630, ma per vedere il primo giornale fu necessario attendere fino al 1690. La prima pubblicazione prese i nome di “Pubblick Occurrence Both Foreign and Domestick”.

A fondarla era stato Benjamin Harris che aveva lasciato l’Inghilterra per motivi politici e che appena giunto in colonia aveva aperto un coffee shop. Il suo giornale era stampato solo su tre facciate e la quarta era lasciata in bianco con l’invito, ai lettori, di annotarvi le notizie locali più fresche e di passare poi la copia ad amici e conoscenti.

Il primo a fondare un giornale con una frequenza di uscita fissa fu John Campbell, ex libraio e maestro di posta a Boston. Gli uffici delle poste erano i luoghi in cui convergevano le notizie, i dispacci statali ed anche i pettegolezzi. Al suo giornale Campbell diede il nome di “Boston News Letter”. Quando nel 1719 Campbell perse il posto, gli subetrò un certo William Broock, che pensò bene di fondare anche lui un giornale dal titolo “Boston Gazette”, dando vita al primo episodio di concorrenza fra giornali americani.

Il giornalismo di quei primi fogli era piuttosto vago limitandosi a dare notizie sui movimenti delle navi nel porto, dei dispacci del governo e dei pettegolezzi locali.

Il primo a dare un’impronta più vivace e più audace al giornale da lui fondato fu James Franklin, fratello maggiore di Benjamin. Questi diede vita, al “New England Courant”, sulle pagine del suo giornale James sostenne il principio che si potesse stampare senza il permesso delle autorità e cominciò a sostenere la causa dell’indipendenza delle colonie. Per queste sue posizioni, nel 1722 fu arrestato. Gli subentrò il fratello Benjamin che poi, nel 1729, rilevò anche un giornale concorrente il “Pennsylvania Gazette” cui diede un tono assai brillante e moderno, sconosciuto agli altri giornali del tempo, salvo, forse, che per il  “New England Courant”.

Sulle pagine del Pennsylvania Gazette, il 9 maggio 1754,  comparve, per la prima volta, una vignetta di satira politica.

Intanto il numero dei lettori cresceva ed i giornali cominciavo ad essere imprese redditizie che si diffondevano in tutte e tredici le colonie. Ma a contrastare la libertà di espressione dei giornalisti

Vi era ancora il governo che, nel 1733, mandò a processo l’editore del “New York Weekley Journal, Zenger, che aveva accusato, dalle pagine del suo giornale, l’amministrazione locale di essere corrotta. Dopo la pubblicazione, il 22 marzo 1765, dello Stamp Act, che imponeva agli abitanti delle colonie una tassa su ogni foglio stampato, e che fu definita la tassa sulla conoscenza, i rapporti tra i giornali e la Corona si fecero estremamente tesi.

Ma i tempi erano ormai maturi perché le colonie pensassero di staccarsi dalla madrepatria. Uno dei giornali favorevoli alla Corona inglese, la “Royal Gazette” fu presa d’assalto da una folla inferocita e costretta a chiudere. Prosperarono invece i giornali favorevoli alla ribellione contro gli inglesi e tra essi si distinse l’Independent Advertiser”, diretto da Samuel Adams che fondò poi anche il “Journal of Occurrence”. Nel 1771 vide la luce il “Massachussets Spy” di Isaiah homas ed il “ Common Sense”, di Tom Paine che sulle pagine del suo foglio definì il regime inglese “l’avanzo delle antiche tirannidi”. Pochi mesi più tardi il Congresso Americano dichiarò l’indipendenza delle colonie dalla Gran Bretagna.

Nel corso della guerra durata dal 1775 al 1783, la carta e l’inchiostro che venivano importati dall’Europa presero a scarseggiare e dei 37 giornali esistenti ne sopravvissero solo pochi.

Se durante il conflitto erano stati solo l’espressione delle due fazioni pro o contro l’Inghilterra, a guerra finita tornarono ad occuparsi della politica interna e diffusero capillarmente la conoscenza della nuova costituzione. Non cessarono, però,  di rappresentare gli interessi di due opposte fazioni: i federalisti ed i repubblicani. Nelle file dei primi vi erano gli imprenditori e  i commercianti delle gradi città, che spingevano per un governo centrale forte e per l’industrializzazione delle città. Per contro i repubblicani diffidenti verso la Gran Bretagna ed i banchieri volevano una maggiore autonomia di ogni singolo stato. Al partito dei federalisti faceva riferimento la “Gazette of the United States”,  pubblicata a New York da John Fenno, cui si opponeva la “National Gazette”, diretta da Philppe Feneau, che era stato definito il “poeta della Rivoluzione”.

Con il crescere dei lettori cominciò il periodo dei quotidiani. Fino a quel momento la maggior parte dei fogli usciva con cadenza trisettimanale.

Il primo a pubblicare con cadenza settimanale fissa fu Benjamin Towne editore del “Pennsylvania Evening Post”, che fu trasformato in quotidiano nel 1783. Purtroppo il giornale sopravvisse solo per poco più di un anno alla trasformazione fu poi costretto a chiudere. Gli subentrò il “Pennsylvania Rockett and Daily Advertiser” di Filadelfia. Tutti i giornali mantennero una forte connotazione politica che rispecchiava le divisioni in seno alla società del tempo.

Ma fra tutti i quotidiani di quell’ultimo scorcio del XVIII secolo, che fu riconosciuto universalmente come il migliore ed il più brillante di tutti fu  “American Minerva”. Che sebbene non ebbe vita lunga fu preso a modello da tutti gli altri. Esso fu il primo quotidiano pubblicato a New York,  fondato e diretto da Noah Webster.

Fu Webster una personalità di grande importanza nell’America del tempo. Scrittore e lessicografo, era nato il 16 ottobre 1758, ad Hartford, nel Cennecticut, da una famiglia di agricoltori e riuscì a laurearsi in legge presso l’Università di Yale. Cominciò la carriera di insegnate ed ebbe modo di rendersi conto della deplorevole condizione in cui versava la scuola del tempo. Una scuola in cui vi erano più di settanta alunni per classe ed in cui gli insegnanti erano scarsamente preparati e privi di mezzi adeguati. Mancavano spesso persino i banchi. Ma soprattutto per Webster i libri di testo, provenienti dall’Inghilterra erano assolutamente inadeguati. Si dedicò quindi ad una riforma radicale del sistema di insegnamento e pubblicò il “Blue-backed speller”. Una sorta di abeccedario su cui i ragazzi imparavano a leggere ed a compitare le parole. Fu il libro di testo di più di cinque generazioni di giovani americani. Nel 1828 fu ripubblicato come dizionario col titolo: “An American Dictionary of the English Language”.

Nel 1793 si trasferì a New York per stare vicino a George Washington, suo grande estimatore lì fondò appunto il nuovo e primo quotidiano newyorkese, l’American Minerva. Il modello di tutti i quotidiani venuti dopo. Il primo numero del giornale recava la data del 9 dicembre 1793.

 

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