Al Verdi di Salerno la paura si chiama “Dracula” con Rubini e Lo Cascio

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Il lato oscuro della follia-di Sergio Del Vecchio-

E’ in scena al Teatro Verdi fino al 31 marzo il celebre romanzo gotico di Bram Stoker pubblicato nel 1897 nella trasposizione di Sergio Rubini. L’attore pugliese, che insieme alla compagna Carla Cavalluzzi firma la sceneggiatura, si confronta con un grande classico, da anni rivisitato e riproposto non solo dal cinema (la versione in 3D di Dario Argento e quella di Francis Ford Coppola sono solo le ultime di una lunghissima serie), ma anche dalla TV, con le sue serie sui vampiri, dai film di animazione, dai fumetti e dallo stesso teatro, se si pensa che il testo fu rappresentato per la prima volta nel 1925 da Hamilton Deane e John Balderston.

Sicuramente una sfida, che l’adattamento di Rubini vince convincendo. Innanzitutto grazie alla bravura degli attori: monumentale Luigi Lo Cascio, qui libero dall’ inquadratura della cinepresa, riempie e conquista la scena con la voce, la mimica e la gestualità del grande attore. Più compassato Sergio Rubini, ma anche lui dispensa talento da protagonista. Degni di nota anche i non protagonisti: Margherita Laterza, Roberto Salemi, Lorenzo Lavia e Geno Diana.

La messa in scena si mantiene molto fedele al testo letterario, rispettandone la trama e cogliendone l’inquietudine gotica, attraverso la scenografia poco rassicurante di Gregorio Botta, le musiche sospese di Giuseppe Vadalà e gli strabilianti effetti sonori di G.U.P. Alcaro, presenza inquietante sul palcoscenico ai margini della scena per tutto lo spettacolo. Il talento di questo giovane sound designer è in grado, coi suoi suoni realistici e cinematografici, di catapultare lo spettatore nelle atmosfere claustrofobiche e da incubo della rappresentazione.

Come nella versione di Stoker, il conte Vlad è protagonista indiretto, narrato ed evocato. La storia infatti si snoda tra sapienti flashback e cambi di scena, attraverso il racconto che di lui fanno i protagonisti. E’ il diario di Jonathan Harker che, nel riportare le vicende della sua prigionia nel castello di Dracula, ci trasporta in una dimensione onirica, dove tutto è filtrato e ingigantito dalle paure ancestrali e dai mostri del subconscio, tutto è sospeso, in bilico, sulla soglia del terrore pronto a scatenarsi. Emblematica e centrale è la figura del delirante Renfield, il pazzo ricoverato nel manicomio in cui opera il dottor Seward, il quale, ribellatosi al conte vampiro viene da questi ucciso ma prima di morire riesce a svelare al dottor Van Helsing il mistero della giovane Mina “vampirizzata” da Dracula. Renfield sta a rappresentare la deriva della follia dell’uomo alla ricerca dell’immortalità.

Lo spettacolo, senza interruzioni, cattura il pubblico, lo inchioda sulle poltroncine e lo trasporta in un viaggio sensoriale, fatto di ululati di lupi, tempeste di vento, zoccoli di cavalli e nebbie misteriose, che è anche un viaggio interiore, fatto di angosce, incubi e ombre minacciose, fino a toccare l’abisso della follia.

 

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