-di Giuseppe Esposito-
Il 13 novembre del 1868 era un venerdì, come oggi, e la sera la sala del Teatro di rue Le Peletier, il teatro d’opera di Parigi, era gremita e luccicante. Illuminata da centinaia di lampade a gas, installate già dal 1822. Era quella una sede considerata transitoria in attesa che l’Opera Garnier fosse completata, ma i lavori dell’attuale teatro dell’Opera, andarono molto per le lunghe sia per difficoltà di natura tecnica dovute al terreno, che a causa del disastro della guerra franco-prussiana del 1870.
Tuttavia, sebbene fosse considerato una sede temporanea e fosse stata realizzato in legno e gesso, il teatro di rue Le Peletier occupava un’area di 14.000 metri quadri, disponeva di un palcoscenico largo 36 metri ed aveva una capienza di 1800 spettatori. Rimase in funzione per più di cinquant’anni. Realizzato infatti nel 1821, rimase in funzione fino al 1873, anno in cui fu distrutto da un violento incendio.
Sul suo palcoscenico furono tenute le prime di molte delle opere liriche più importanti del secolo XIX, composte dai migliori musicisti del tempo. Vanno ricordati: Rossini col” Guglielmo Tell” (1829), Meyerbeer con”Robert le Diable” (1831), Haleny con “La juive” (1835) e Verdi col “Don Carlos”(1867).
Quella sera del 13 novembre andavano in scena gli “Huguenot” di Meyerbeer, l’ltro gigante della lirica del tempo, morto solo quattro anni prima.
Al momento in cui le luci si spensero ed il sipario stava per aprirsi sul quarto atto, giunse in teatro la notizia della morte di Gioacchino Rossini. Abbiamo di quel momento la testimonianza che il critico musicale Maurice Cristal, pubblicò il giorno dopo sulla rivista “La revue contemporaine”:
“Nl momento in cui il sipario si alzava per la quarta volta, arrivò improvvisa la notizia: era giunta infine a termine la dolorosa agonia del maestro che, coi suoi capolavori aveva tanto onorato il nostro teatro dell’Opera. Un velo di lutto si stese sulla sala e, mentre la partitura giungeva tristemente a conclusione, si parlava soltanto di quella morte che colpiva di nuovo l’Arte. Nel vestibolo dell’Opera è collocata la statua di Rossini. Non c’è uomo, non c’è donna che non abbia sentito l’emozione salire al cuore e, forse, le lacrime agli occhi passando davanti a quest’ultima immagine, eretta mentre il maestro viveva e che ora si potrà collocare nel suo mausoleo. Quale stupore! Come! Rossini muore, Rossini è morto! I grandi uomini non muoiono mai. E, in effetti, l’artista meraviglioso non è morto. Quel ch’egli fu, la sua anima, il suo genio, tutto questo non muore, tutto questo sopravvive nell’immortalità.”
Gioacchino Rossini era nato a Pesaro. il 29 febbraio 1792, da genitori umili. Il padre Giuseppe, detto Vivacchia, suonava la tromba nella banda di Lugo di Romagna e la madre Lina Guidarini era una cantante. A causa delle idee liberali di Giuseppe, la famiglia fu costretta a continui spostamenti.
Gioacchino compose la sua prima opera a soli 14 anni e nei diciannove che seguirono ne compose ben 39. Le più celebrate sono “Il barbiere di Siviglia”, L’italiana in Algeri”, La gazza ladra”, “La cenerentola”, “Il turco in Italia”, “Semiramide” e “Guglielmo Tell”.
Nel 1829, vittima di una profonda depressione, abbandonò l’attività di composizione. Fu definito da Mazzini “Il Napoleone di un’epoca musicale”. Una delle sue caratteristiche era il crescendo orchestrale su una frase ripetuta. Crescendo cui fu poi dato il nome di crescendo rossiniano.
A 27 anni si trasferì a Napoli, una delle piazze più vivaci d’Europa e vi rimase per ben sette anni, dal 1815 al 1822. Lì conobbe Isabella Colbran uno dei soprani più celebri del tempo, maggiore di lui di otto anni ed a cui si legò sentimentalmente. Nel marzo 1822 fu celebrato il loro matrimonio, ma i due non vissero mai insieme. In quello stesso anno Rossini partì per Parigi dove conobbe Olympe Pelissier che sposò nel1846, un anno dopo la morte della Colbran.
Dopo sette anni dal suo arrivo a Parigi smise di comporre. Fu descritto come ipocondriaco, umorale e collerico, tuttavia aveva anche fama di bin vivant che amava la buona tavola e le belle donne. Si è ipotizzato che fosse affetto da una nevrosi ossessivo-compulsiva fin da giovane.
Negli ultimi anni fu colpito da un tumore al retto contro cui lottò per molto tempo inutilmente. Nel 1868 fu sottoposto a due operazioni che non ebbero alcun successo ma che gli causarono una violenta infezione che lo condusse alla morte. Fu sepolto nel cimitero di Père Lachaise , nella cappella ancor oggi visibile. Ma nel 1887 le sue spoglie furono traslate nella tomba preparata in Santa Croce a Firenze, dove ancora riposano.