
Il regno di Napoli è finalmente una nazione indipendente.-di Giuseppe Esposito-
Il 10 maggio è stata celebrata, in tutto il mondo la Festa della mamma. Una festa arrivata in Italia, alla fine degli anni Cinquanta dall’America. Lì era stata dichiarata festa ufficiale nel 1914, dal Presidente Woodrow Wilson per ricordare l’attivista del movimento pacifista americano Anne Reeves Jarvis. La Jarvis, insieme alla figlia Anna ed alla scrittrice Julia Ward Howe, si era resa promotrice, subito dopo la fine della Guerra civile americana, di incontri tra le madri di soldati che, in quel conflitto, avevano militato su opposti fronti, al fine di pacificare la nazione. La Ward nel 1870 pubblicò la “Mother’s day Proclamation” e la Jarvis prese ad organizzare degli eventi a favore della figura delle madri. Il 9 maggio del 1905 la Jarvis morì e nove anni dopo il presidente Wilson volle ricordarla fissando nella seconda domenica di maggio il giorno per la Festa della mamma.
Quest’anno la ricorrenza è caduta nella domenica del 10 maggio. Data questa in cui due secoli fa, avvenne un episodio fondamentale nella storia di Napoli. Una data questa completamente ignorata dalla maggior parte delle persone. Eppure la Storia è fondamentale per gli uomini e per i popoli per conoscere il proprio passato e le proprie radici per porsi correttamente nei riguardi del futuro. È, insomma, sempre valido l’antico “Nosce te ipsum”, che nella sua forma greca originaria era impresso sulla facciata del tempio di Apollo di Delfi. Un’espressione dunque di una sapienza millenaria che non ci conviene ignorare.
Ma tornando a quel lontano 10 maggio del 1734, bisogna ricordare che quel giorno faceva il suo ingresso trionfale in città, Carlo di Borbone, appena diciottenne. Egli fece di Napoli una nazione indipendente e sovrana dopo la dominazione austriaca che era durata per un trentennio, dai primi del Settecento, cioè dalla fine della guerra di successione spagnola. Da quella data la presenza austriaca nella penisola era divenuta preponderante e la cosa non andava affatto a genio ai sovrani di Francia e di Spagna. Per questo Filippo V di Borbone, re di Spagna approfittò della guerra di successione polacca, per riequilibrare il peso degli austriaci in Italia. Inviò in Italia un esercito al comando del conte di Montemar che sconfisse gli austriaci a Bitonto e permise che sul trono di Napoli fosse insediato Carlo, figlio di Filippo V e della moglie Elisabetta Farnese, ultima erede della sua casata.
Sul luogo della battaglia, a Bitonto, fu eretto un obelisco in memoria della vittoria sugli austrici e su una lapide alla base della colonna si ritrova per la prima volta il concetto di indipendenza italiana. Le parole incise sulla lapide sono infatti: “ITALICAM LIBERTATEM”.
Va dunque riconosciuto a Carlo di Borbone il merito di aver reso l’indipendenza al Regno di Napoli che aveva sofferto, non poco, sotto la dominazione austriaca i cui amministratori erano stati troppo algidi e burocratici per capire le esigenze del regno.
Con Carlo sul trono il governo e i ministri presero a pensare e ad agire nell’interesse esclusivo del Regno di Napoli e dei suoi abitanti. La popolazione tutta, dal popolino ai nobili, si fece coinvolgere e si sentirono uniti alla nuova dinastia.
Carlo Fece di Napoli una capitale all’altezza di quelle più grandi dell’Europa, seconda né a Parigi, né a Londra, né a Vienna. Mise mano all’ammodernamento dello Stato, creò la Giunta di Commercio e stabilì rapporti commerciali con i turchi, i francesi, gli olandesi e gli svedesi. Mise mano ai codici, ed alla struttura giudiziaria. Promosse un grande ammodernamento di ogni aspetto dello stato. Mise mano anche all’urbanistica e le sue numerose opere civili sono ancora lì ad attirare l’ammirazione del mondo intero. Basti ricordare la ristrutturazione del Palazzo, la costruzione della Reggia di Capodimonte, di Portici e di Caserta. L’Albergo dei poveri, il quartiere di Pizzofalcone, il Teatro di san Carlo, realizzato in soli 270 giorni. L’obelisco di piazza del Gesù, la ristrutturazione dei porti di Salerno, di Taranto e di Molfetta, ma ci fermiamo qui, poiché un elenco esaustivo prenderebbe più spazio di quanto ci è consentito in un articolo di giornale.
Lasciò il trono a suo figlio Ferdinando nel 1759. Poiché fu chiamato a sostituire il fratellastro Ferdinando VI, morto poco prima.