Un Monumento al Migrante in Piazza San Pietro: “Angels Unwares”

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All’interno della ovoidale Piazza San Pietro, fulgido esempio dell’architettura barocca di metà XVII secolo, realizzata su progetto di Gian Lorenzo Bernini e circondata da un colonnato di ordine dorico, è esposta in questi giorni sul lato orientale, una scultura voluta e inaugurata da Papa Francesco in occasione della centocinquesima Giornata Mondiale del Migrante del 29 Settembre scorso. In un’epoca in cui le vittime delle persecuzioni, i rifugiati, e tutti coloro che scappano dalle guerre e dalla fame, sono oggetto di pregiudizio e ostilità da parte della stragrande maggioranza del mondo occidentale, succube di una globalizzazione basata sull’indifferenza, il Papa ha ritenuto fondamentale esporre un’opera d’arte che accusi la sterilità d’animo delle persone, la più totale noncuranza rispetto ad alcune tematiche attuali come la presenza dei rifugiati non soltanto nel nostro Paese, ma anche l’aumentata  intolleranza che sfocia nel razzismo verso le persone più deboli. L’opera, in bronzo e argilla, è stata realizzata dallo scultore canadese Timothy Schmalz, artista dedito alla realizzazione di opere a sfondo religioso. Tra le sue opere ricordiamo la statua nel Nazareno, a grandezza naturale del 2016, distesa su una panchina all’ingresso dell’Elemosineria Apostolica in Città del Vaticano. La scultura non mostra il volto di Gesù, avvolto da una coperta, ma dell’uomo si notato bene i suoi piedi con i segni della crocifissione.  Altra opera in bronzo, anch’essa molto interessante, è quella di “Gesù mendicante” posizionata vicino l’ospedale Santo Spirito nei pressi del Vaticano.  L’opera situata in Piazza San Pietro, invece, rappresenta una barca che trasporta migranti e rifugiati di epoche diverse nella storia. Sono in tutto 140 figure di migranti per un complessivo peso di oltre tre tonnellate. Davvero struggenti sono i loro volti, scavati dalla paura, dolore e dalla voglia di scappare dalle persecuzioni o dalle guerre o ancora dalle pestilenze. Ogni figura ha una sua storia e rappresenta la disperazione di un popolo. C’è, ad esempio, un uomo ebreo che ha in mano due valigie e fugge dalla Germania nazista, oppure una bambino di origine africana che cerca di allungare la mano verso suo padre per essere abbracciato. Ritroviamo, poi, un indiano della tribù dei Cherokee che piange con una mano sul viso, il suo popolo che fu costretto ad una migrazione forzata nei primi decenni del XIX secolo dai territori orientali degli Stati Uniti d’America verso l’Altopiano d’Ozark. C’è poi una famiglia a noi tutti nota: la Sacra Famiglia, un tempo rifugiati in terra straniera per sfuggire alla persecuzione di Erode. Si nota San Giuseppe che porta con se i suoi attrezzi da lavoro e dietro di lui Maria con in braccio Gesù. Nella parte posteriore della barca, ritroviamo i genitori del Cardinale Michael Czerny, co-capo della sezione Immigrati e Rifugiati del Vaticano. Essi dovettero scappare in Canada dall’ex Repubblica della Cecoslovacchia, in fuga dal comunismo. Il loro è un volto molto sereno e pieno di speranze. L’opera è stata ispirata da un brano del Nuovo Testamento che dice: “Non trascurare di mostrare ospitalità agli estranei, perché alcuni hanno intrattenuto gli angeli senza saperlo.” Ed è proprio al centro tale gruppo scultoreo che ritroviamo le ali di un angelo che ci fa comprendere come dietro ogni rifugiato, ogni migrante si possa trovare il “sacro”. Quest’opera vorrebbe farci comprendere come sia importante la vita, evidenziandone la sua vocazione sacrale e come tale dovrebbe essere sempre rispettata e onorata.

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