La storia del Cimitero di Salerno è lunga e complessa. Se fino all’inizio del XIX secolo la sepoltura dei morti avveniva in prossimità delle chiese e conventi che ospitavano le Confraternite, con l’Editto di Saint Cloud del 12 giugno del 1804, passato anche in Italia il 5 settembre di due anni dopo, si stabiliva, per la prima volta, che le tombe si realizzassero lontane dalle mura cittadine. Con la caduta di Napoleone e il ritorno dei Borboni, un decreto del 1817, riprendeva l’idea dell’Editto napoleonico stabilendo la realizzazione di nuovi cimiteri lontano dai centri abitati. A Salerno vennero individuate due aree per la progettazione di ben due Camposanti da realizzarsi su progetto dell’ingegnere Matteo D’Amato: uno posto nella zona di Pastena che avrebbe dovuto asservire tutta la piana orientale dell’area fuori le mura e l’altro da collocare a Ponte della Fratta, in località Brignano, per tutti gli abitanti dell’area nord collinare del Capoluogo. Quest’ultimo denominato anche “Cimitero dei Villaggi”, avrebbe ospitato, inoltre, anche le salme delle persone che vivevano in assoluta miseria. Esso è ben descritto dallo storico Dentoni Litta che afferma: “Ad essa si accedeva da un largo portone nel muro che guarda Fratte, dalla strada che, in quei tempi, portava a Pastorano, passando per l’acqua zulfurea (acqua solfurea) nello stesso cimitero vi furono seppellite le salme dei deceduti del colera degli anni 1836-1837. Successivamente, e sino al 1930, i deceduti di malattie infettive”. A seguito di una improvvisa epidemia che nel 1825 nelle carceri di Salerno (causò un numero considerevole di morti), venne decisa la realizzazione di un ulteriore Camposanto più vicino alla città, nei pressi di via dei Principati e non lontano da via del Fuso, strada che collegava l’area del borgo del Carmine Nuovo con il Ponte Calcedonia, posto ad est. Esso fu realizzato, tuttavia, qualche anno dopo, esattamente nel 1843 su progetto degli architetti Rosalba e Genovesi. Prima di tale progetto lunga e travagliata è stato l’iter per la sua definitiva realizzazione. Di fatto, nel 1830 assistiamo, in realtà, alla presentazione di un interessante progetto del Cimitero da realizzarsi non lontano dalle porte urbiche del Capoluogo nell’area del Fuso. Nell’Archivio di Stato di Salerno è custodito tale progetto (ASSA, Intendenza di Principato Citra, b. 1387, fascicolo 1) suddiviso in pianta e prospetto. Si tratta di un interessante ipotesi progettuale realizzata dall’Architetto Francesco Saverio Malpica e datata 4 luglio 1830. Così scriveva, il 7 luglio 1830, l’Architetto Malpica all’Intendente della Provincia del Principato Citra (Ferdinando Cito): “Francesco Saverio Malpica, Architetto Civile ha preinteso, che per ordine Sovrano un pubblico Cimitero dea costruirsi in questa città. Volendo mettere a profitto i suoi scorsi talenti, egli ha ideato a tale oggetto un disegno. In esso ha posta ogni sua cura onde unire alla minima spesa possibile, la espressione del solenne uffizio a cui l’opera è destinata. Questo suo lavoro egli sottomette alle di lei superiori conoscenze. Conoscitore ed estimatore delle belle arti ella potrà scorgere d’un sguardo se il lavoro, che le si presenta possa oppur no accettarsi. E’ però confidando nella saggezza che la distingue, ossa invocare le analoghe disposizioni perché il di lui progetto sia discusso ed approvato se di tanto verrà stimato disegno”.
L’Intendente il 10 luglio 1830, informava il Sindaco e il Decurionato di Salerno della proposta progettuale dell’Architetto: “L’Ing. Civile Francesco Saverio Malpica ha presentato una pianta e prospetto per la costruzione di un Cimitero da lui ideato, promettendo il progetto a dettaglio di spesa quantevolte venisse approvato. Io rimetto a lei tali disegni onde col Decurionato l’abbia presentati come e quanto conviene”.
Essa era accompagnata da una breve ma ben dettagliata descrizione del Cimitero firmata dal Malpica stesso: “La pianta del Cimitero, come osservasi, è un gran recinto rettangolare circondato interamente da portici ed in mezzo scoperto come un chiostro. Vi si accede per vasta scala ad una rampa sola, che mette capo ad un ripiano balaustrato, donde si passa al Cimitero attraversando la ringhiera di ferro che ne chiude l’adito. Si è creduto non essere qui affatto inutile la scala, ed in tal modo decorosa, anzi par che sia parte integrante dell’edifizio. E’ sarebbe ben assurdo che una fabbrica di simil fatta fosse priva di scala che, per tanto pregio aggiugne. I portici son sostenuti da pilastri, e non da colonne, e ciò per evitare la troppa spesa delle ultime. Il fondo dè portici è destinato a contenere delle tombe che si erigeranno in onore degli estinti. Sovrapposto ai portici vi è un continuato loggiato circondato da balaustri intermezzati da piccoli piedistalli sostenuti dà vasi con piante diverse. Questo loggiato sì decorato e dalla parte esterna, e dall’interna fregia l’edifizio e contribuisce moltissimo a rendere meno tetro l’aspetto. Il tempietto si è situato dirimpetto all’ingresso del Cimitero, perché è in questa parte più decorosamente situato. Un Tempio eretto in onore della Divinità, messo in un luogo, ove l’uomo, più che altrove sente il peso della sua mano possente, dea occupare il primo posto, ed esser così chiaramente esposto alla vista di tutti. Si è ideato di figura circolare, con colonne isolate nel mezzo, che sostengono il piccolo cupolo. Questa forma è sembrata all’Architetto più maestosa. L’ara si è situata nel centro della curva, acciò si vegga ugualmente dappertutto. Ha il tempietto lateralmente due stanze, destinate per custode, che non fan ordine con la sua facciata, ma situata sotto il porticato, in esso hanno gl’ingressi rispettivi. Poche e grandi sepolture si potrebbero eseguire nell’aja del Cimitero, invece di moltiplicarne all’infinito il numero, come si è spesso, e senza ragione usato. Ma se, e forse con maggior buon senso, si risolvesse che in quest’aja verdeggiasse un boschetto, allora con più decoro si potran le sepolture situare nel porticato, che si amplierà a tal uopo più di quelle che vedesi in pianta. Se altre cappelle si volessero ergere in quest’edifizio dalle varie Congregazioni di questa città, si potrebbero eseguire in continuità del Tempio dalla parte esterna del muro, che cinge il Cimitero, per non alterare l’ordine. Si è cercato, che l’accordo di tutte le già descritte parti, di un aspetto il meno tetro, che sia possibile ad un edifizio già per sua natura di troppo terribile. L’uomo che mesto aggirasi su la terra che come il freddo cenere dè suoi simili, è compreso già da troppo tetre e spiacenti idee; che non sieno queste accresciute ancora da uno squallido edifizio. E perché non dovrebbero le belle arti cooperarsi ad abbellire un monumento eretto in onore degli estinti che ci son pure sì cari? La spesa occorrente per detto edifizio ascende approssimativamente a circa ducati ventimila, avendo anche di mira i sopra cennati cangiamenti; ma l’architetto ne darà un dettagliato ragguaglio tosto che sarà, se di tanto credevassi meritevole il suo disegno approvato. Premettendo che se anche il fondo disponibile all’uopo, non potesse far fronte a tanta spesa, allora senza alterare l’ordine del disegno, senza ledere la sua solidità, l’opera è in modo concepita da ammettere una semplificazione maggiore, e quindi una diminuzione di spesa. Tutto questo è per fare gl’interessi del Comune, che non puàò gravarsi d’una esorbitante spesa. Che se si fosse dato diversamente, allora l’architetto dando libero campo alle sue idee, un ben altro disegno avrebbe presentato. Questo, qualunque siasi lavoro, si sottomette alla alta conoscenza dell’ottimo Intendente della Provincia, ed al giudizio del rispettabile Decurionato”.
Il prospetto e la pianta sono due interessanti rappresentazioni (acquerellato su cartoncino) del Cimitero salernitano con alcuni particolari nel prospetto: si evidenziano, di fatto, sul piazzale antistante l’ingresso principale al Cimitero un frate con asinello avente una borsa sul braccio sinistro, esso è disegnato con grande minuzia di particolari. Lo stesso lo ritroviamo in una scena, sulla sinistra, di un funerale: la bara viene retta da due uomini incappucciati ed è preceduta da due figure che portano la bandiera con una croce, mentre davanti la stessa ritroviamo un prete con un crocifisso in mano e un chirichetto con una candela accesa, entrambi con abiti ecclesiastici. Altra figura che compare è un giovane uomo che porta al braccio destro un paniere in paglia, vestito con il classico pantalone alla zuava e una giacchetta, l’uomo rispecchia la tipica moda dei primi decenni del XIX secolo. Particolarmente elegante è la scalinata d’ingresso al Cimitero, adornata da anfore, lo stesso il piazzale dove si presentano sulla destra e sulla sinistra filati di cipressi. Il muro di confine del Camposanto risulta semplice e scarno di elementi di decoro, dei vasi ben distanziati con piante ornamentali. Si può ammirare la Chiesa posta sul lato opposto all’ingresso del Cimitero, in stile neoclassico con timpano nella parte alta e con, sul colmo, un angelo avente un crocifisso nelle mani. Al di sopra dell’ingresso (con due colonne laterali con capitelli in stile dorico) alla chiesa, invece, si possono ammirare ulteriori due angeli che posizionano una ghirlanda su un Crocifisso (forse elementi decorativi scolpiti sulla parete). L’altra rappresentazione del Cimitero è quella riguardante la pianta. Il progetto presenta il Cimitero a pianta rettangolare, con un giardino all’italiana al centro della struttura, avente 4 fontane e una serie di piccoli viali adornati da piante di vario genere. Nella parte bassa del disegno ritroviamo una legenda che descrive minuziosamente, attraverso delle lettere, e brevi spiegazioni tutto il progetto. Con un tetro simbolo di un teschio si descrive: “Aja ove verran praticate le sepolture, un boschetto se queste si volessero fare nel porticato, che si potrà a tal uopo ampliare”; con AB “Linea indicante la sezione eseguita su la pianta”; con CD “Altra linea di notante sezione”; il tutto è seguito da una piccola descrizione: “L’aja del Cimitero, potrassi, volendo, render più vasta, oppur diminuirla, in ragion del fondo che vi si è disponibile”. Con la lettera E si indica la “Scala per cui si sale al Cimitero”; con la F “Ripiano, che precede l’ingresso G del Cimitero”; con le lettere HH si indica il “Porticato, che circonda interamente l’Edifizio”; con la I si indica il “Tempietto circolare con colonne isolate, ed Ara nel mezzo”; con le lettere LL si indicano le “Stanze ad uso del Custode”; infine indicate con NNNN lo “Spazio ove, volendo, potrebbero le Congregazioni ergere le loro Cappelle”. Interessante è la rappresentazione, nella parte bassa del disegno dalla scala di misura di allora descritta dai Palmi Napoletani, in questo caso 100 Palmi e un piccolo trafiletto, sulla destra, dove leggiamo “Per mettere in esecuzione questo disegno, vi bisognano ducati 20mila”, il ducato era l’unità monetaria, la valuta del Regno delle Due Sicilie valida dal 1816 al 1860.