La chiesa di Santa Maria de Lama, non lontana da via Tasso ad essa collegata attraverso dei gradoni, ad est dell’antico quartiere degli Amalfitani il (Locus Veterensium), è un luogo di culto di antichissime origini, contenitore di importanti elementi architettonici medioevali di grande suggestione. Il toponimo Lama rimanda alla presenza del piccolo torrente, tutt’ora esistente, disposto nord-sud, che lambisce la parte ovest dell’edificio sacro. La chiesa attualmente è composta da due livelli di cui quello inferiore, impropriamente detto “cripta”, è in realtà l’edificio primordiale, la cui scoperta risale agli inizi degli anni ’70 dello scorso secolo, allorquando, al termine di un lungo scavo, venne alla luce, insieme ai resti di ossa umane (si tratta, dunque, di un luogo di sepoltura), un impianto sacro di particolare bellezza e importanza sia dal punto di vista storico che artistico. In realtà, una Sacra Visita del 1575 testimonia la presenza, già nel XVI secolo, di entrambi gli ambienti sacri. La struttura inferiore, di lettura particolarmente complessa a causa delle numerose stratificazioni storiche presenti, è costituita da un’aula rettangolare con orientamento est-ovest con un filare di tre colonne centrali con copertura costituita da otto volte a crociera (realizzate, in epoca successiva, probabilmente nel momento della costruzione della chiesa superiore). Sulla parete nord, si scorge un vano di forma semicircolare: si tratta dell’abside della chiesa originaria, probabilmente a pianta quadrangolare (tipica dell’architettura bizantina). L’ipogeo poggia, dunque, su una preesistente struttura di epoca romana di cui sono visibili porzioni di parete con lacerti di murature in opus reticolatum e opus listatum. La cappella quadrangolare è databile alla fine del X secolo – inizi dell’XI, come attesta il primo documento notarile risalente al 1055, in cui si apprende l’appartenenza all’aristocrazia longobarda dei suoi proprietari. Di particolare interesse è il ciclo degli affreschi presenti, suddivisi in due fasi storiche: la prima relativa alla fondazione della chiesa, la seconda risalente con molta probabilità a una successiva modifica e recupero dell’assetto di tutto l’ambiente con direzione est-ovest (in conseguenza, probabilmente, a eventi tellurici o anche inondazioni) con la realizzazione, in seguito, della chiesa superiore. Del primo prezioso ciclo pittorico, risalente all’epoca longobarda, si possono ammirare, sull’angolo nord-est e sulla parete orientale, gli affreschi raffiguranti una serie di santi, inseriti in schematiche cornici a fasce bicolori, in cui ritroviamo San Bartolomeo in piedi con la mano destra benedicente, affiancato da un ulteriore santo sempre in posizione eretta, sul lato est, purtroppo non identificabile e in parte distrutto per consentire la realizzazione successiva delle due piccole absidi duecentesche poste ad est. In linea con quest’ultimo, si possono ammirare una serie di figure posizionate dietro la parete tra le due absidi (sulla quale è raffigurato San Lorenzo del XIII secolo), tra cui un non identificabile soggetto avente un libro in mano, Sant’Andrea e, infine, la Madonna che vede inginocchiato ai suoi piedi molto probabilmente il committente vestito con abiti laici. Tutte le immagini altomedievali sono di livello qualitativo notevole, stilisticamente omogenee e mai approssimative nei lineamenti la cui frontalità soltanto risulta essere un elemento vicino alla pittura bizantina. Del secondo ciclo pittorico, databile al XIII secolo, ritroviamo oltre al succitato San Lorenzo sull’abside di destra (quella semicircolare), Santo Stefano rinchiuso in una cornice rettangolare rappresentato come un uomo molto giovane e senza barba e con la mano che sembra quasi salutare l’osservatore. Nell’altra abside, quella quadrangolare, è invece visibile soltanto una porzione, raffigurante un libro aperto, dell’affresco dedicato con molta probabilità al Cristo Pantocratore (frequentemente presente nei catini absidali). Sulla parete nord è raffigurata la Madonna in trono affiancata da due angeli, affresco particolarmente rovinato. Sul lato sud, su un pilastro ritroviamo la raffigurazione di San Leonardo, identificato inizialmente con Santa Radegonda, in cui, però, la presenza di una catena spezzata sulla mano sinistra chiarisce definitivamente l’identità del santo. Del ciclo fa parte, infine, un affresco originariamente collocato lungo la parete meridionale e staccato durante il recupero della chiesa per essere poi posizionato all’interno del museo Diocesano: in esso sono rappresentati San Nicola e San Giovanni Evagelista. La realizzazione del ciclo di questi ultimi affreschi è coeva alla costruzione della chiesa superiore. Quest’ultima si presenta divisa in tre navate separate da due eleganti filari di colonne di spoglio. Gli affreschi posizionati su due colonne sono databili alla fine del XV secolo e rappresentano un Cristo con la croce (in ottime condizioni) e la Maddalena (purtroppo mal ridotto). Sebbene attualmente l’affresco di Sant’Andrea sia interessato da interventi di restauro, tutte le opere mostrano, purtroppo, fenomeni di decoesione e deadesione dal supporto murario. La causa di tale degrado è sicuramente addebitabile alla concomitanza di più fattori tra i quali l’umidità presente nell’ipogeo (a causa della vicinanza del torrente Lama), probabili infiltrazioni d’acqua provenienti dalle attigue abitazioni, ma anche il repentino cambiamento climatico degli ultimi anni. Alcune superfici risultano particolarmente lacunose e frammentarie. I dipinti più danneggiati sono proprio quelli d’epoca longobarda, coperti da veli biancastri dovuti a efflorescenze saline che accelerano il degrado degli stessi, impedendo, inoltre, la corretta visualizzazione e la lettura delle immagini. La chiesa superiore, poi, ha subito nei secoli dei rimaneggiamenti, soprattutto tra il XVII e il XVIII secolo, quando fu restaurata in stile barocco. Nel 1854 venne annessa alla chiesa di San’Andrea e solo dopo il terremoto del 1980 vennero effettuati i primi interventi di recupero dell’intero immobile sacro a cura della Soprintendenza su progetto e direzione dei lavori di Pasquale Caprio. La riapertura della chiesa risale al 1996. Dal 24 Ottobre 2015 la chiesa è gestita dai Soci del Touring Volontari per il Patrimonio Culturale (progetto T.C.I. – Aperti per Voi –) il cui Coordinatore dei Volontari Soci per Salerno e Provincia è il Console Enrico Andria, al quale rivolgo un vivo ringraziamento per la sua disponibilità e accoglienza per aver offerto alla Redazione di Salernonews24 la possibilità di visitare la chiesa in un periodo difficile. L’Associazione si occupa, insieme all’opera di alcuni abitanti della zona di buona volontà, anche della pulizia del sagrato (caratterizzato da 7 gradoni semicircolari) perennemente devastato della maleducazione e dall’indifferenza della società moderna anche verso i luoghi sacri. Fino alla sua chiusura avvenuta a fine ottobre a causa della seconda ondata Covid-19, la chiesa ha accolto 26000 visitatori in circa 5 anni. Numerose sono le attività culturali promosse dai Soci: dalla presentazione dei libri ai convegni, fino alle esecuzioni musicali con la lirica dei mercoledì e il jazz delle domeniche mattina, con la collaborazione dei ragazzi del Conservatorio Martucci. La chiesa è aperta al pubblico il sabato e la domenica dalle 10.00 alle 13.00. Di particolare interesse è il progetto dedicato alla accessibilità all’arte per gli ipovedenti e i non vedenti con riproduzioni tattili degli affreschi e della pianta della chiesa. Alle iniziative del Touring, si affianca l’opera attiva del Rotaract -Salerno-, il Rotary Club -Salerno- e del Soroptimist Club -Salerno-. Il 6 novembre è stata protocollata l’intesa tra il Comune di Salerno, la Fondazione Scuola Medica Salernitana, l’Università di Salerno e la Soprintendenza per la candidatura all’Unesco della “Scuola Medica Salernitana” nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immanente dell’Umanità. Il dossier verrà presentato a fine Marzo 2021, mentre il riconoscimento richiederà ben 4 anni. L’auspicio è quello di inserire all’interno del dossier e dei dibattiti che si affronteranno in questi anni, anche la chiesa di Santa Maria De Lama, prestigioso contenitore storico di preziosissime opere d’arte longobarda quali, appunto, il primo ciclo di affreschi presenti nell’ipogeo e coevi al periodo del massimo splendore della più importante istituzione medica d’Europa nel medioevo.