L’Exultet: un capolavoro dell’arte medioevale realizzato per la Veglia di Pasqua

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Exultet jam angelica turba coelorum! Exultet divina mysteria! Et pro tanti Regis victoria……” Esulti ormai l’angelica schiera dei cieli! Esultino i divini misteri! Risuoni la tromba della salvezza a celebrare la vittoria del nostro eccelso Sovrano!……Sono i primi versi (il prologo) del Praeconium Paschale – Annuncio della Pasqua – il canto della Veglia recitato in epoca medioevale. Si tratta di un manoscritto, un rotolo in pergamena, costituito, attualmente, da 11 fogli con illustrazioni di un’antica preghiera, appunto l’Exultet, recitata durante la liturgia o Veglia del Sabato Santo e accompagnata, poi, dalla benedizione del Cero. La scrittura è gotica, molto probabilmente realizzata in uno dei monasteri benedettini di Salerno intorno al XIII secolo. Secondo Mons. Guerino Grimaldi : “Si riconosce che l’exultet è una valida testimonianza di un momento particolare della funzione dell’arte nella vita della Chiesa e del suo inserimento nella liturgia”. Nel corso della Veglia Pasquale, al termine del rito della benedizione del cero, il diacono annunciava, all’epoca, l’avvento della Sacra Fiamma (Lumen Christi), e intonava, successivamente, il Praeconium Paschale, srotolando dall’ambone, la sacra pergamena sulla quale era rappresentato il manoscritto miniato  (accompagnato da numerose decorazioni come cornici romboidali di colore rosso sui bordi, che si alternano a fusi di colore azzurro su sfondo oro che contengono, al loro interno, le diciotto illustrazioni). La particolarità dell’Exultet consisteva nella realizzazione dell’opera stessa su due fronti: mentre il diacono leggeva il testo scritto, su un lato, le immagini destinate alla comunità dei fedeli erano rappresentate sull’opposta facciata, offrendo ai fedeli un supporto visivo alla comprensione del testo stesso attraverso le  illustrazioni delle  sacre figure. Il tutto è confermato anche dal De Angelis :“stante che in quell’epoca la pittura e l’arte musiva costituivano le sole opere nelle quali il popolo sapeva leggere”. A seguito di alcuni interventi avvenuti all’inizio del secolo scorso, il Manoscritto è attualmente diviso in undici sezioni di cui dieci figurative, poste all’interno di teche ben illuminate e climatizzate, in una sala del Museo Diocesano  di Salerno. Numerose sono le pergamene utilizzate durante la liturgia di Pasqua nell’Italia centro-meridionale e, in particolare, nell’area Longobardo-cassinese, tutte  prodotte tra la fine del X secolo e l’inizio del XIV. L’origine di tali manoscritti artistici è con molta probabilità legato a riti sacri di stampo greco-orientali, come attesta la grande diffusione, in quell’area del Mediterraneo, di rotuli liturgici. Tra le varie illustrazioni di particolare bellezza è la tavola VII (la Crocifissione). La croce  rappresentata è  molto grande, l’addome  e il petto  di Gesù mostano una tradizione pittorica tipica bizantina, mentre  il viso non è estraneo al dolore come avveniva nelle immagini del XII secolo. Il capo inclinato verso la spalla destra, poi, è una caratteristica dell’arte gotica. Ai lati del crocifisso si rappresentano le figure di Maria a destra,  e Giovanni a sinistra, mentre nella parte bassa troviamo la Maddalena  che abbraccia la croce, motivo artistico presente abitualmente nei ritratti della crocifissione rinascimentali. Nella parte alta infine si vedono due angeli (i quali sono presenti solo sul rotolo di Salerno e in quello di Fondi) e il sole e la luna, posizionati simmetricamente ai lati della croce. Bella la figura della Vergine nella X tavola, la cui rappresentazione è ancora legata all’antica iconografia bizantina: gli occhi risultano socchiusi, il viso è severo ma  pieno di mistero. La presenza dei due angeli ai lati che adorano contemporaneamente Maria e Gesù sono anch’essi legati alla tradizione di Bisanzio. Interessante è, nella tavola IV, l’accensione del Cereo, posta sotto una ulteriore illustrazione, quella dell’Allegoria della Terra. La tavola è molto complessa: si vedono dei fiori che contornano il Cereo, secondo una consuetudine tipica della tradizione longobarda. Si nota, inoltre, come il rito sia esterno e non interno alla chiesa, come evidenzia la raffigurazione della chiesetta in alto a destra. Il candelabro è addossato alla fonte battesimale con forma di piccola vasca poggiata su colonnina. Si vedono sulla destra i chierici i cui volti sembrano evidenziare l’attesa dell’accensione del cero, non semplice, da parte dell’arcidiacono. Infine si scorgono dei primi accenni di principi prospettici. L’Exultet  risulta essere, in definitiva, assieme ai mosaici della Cattedrale voluti da Giovanni Da Procida, nella seconda metà del XIII secolo, un esempio d’interscambio culturale nato nel periodo normanno ma ben consolidato in età sveva tra la Campania e la Sicilia.

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