Partendo da Via S. de Renzi, nella parte alta del centro storico di Salerno, e percorrendo in discesa la Salita Montevergine, si può ammirare immediatamente sulla sinistra, oltre un alto muraglione che limita la rampa nella sua parte orientale in direzione nord-sud, l’ex Convento e la chiesa di Montevergine. Di particolare interesse storico, il muraglione in linea con la facciata ovest del sacro immobile, è parte integrante del setto orientale delle mura longobarde che dipartono dalla sommità del Monte Bonadies su cui svetta il Castello di Salerno. Il Monastero, la cui costruzione risale all’XI secolo per volontà del Conte Sicone, secondo lo storico Vincenzo De Simone, apparteneva all’ordine francescano “monialium paenitentum” di Santa Chiara con il titolo di Santa Maria Maddalena. La struttura viene citata per la prima volta nel 1255 dal Papa di allora in un documento in cui si descrivono i monasteri femminili della città, e successivamente in una Bolla di Nicolò V del 1453, in cui viene indicata come Santa Maria de domino Sicone, si stabilisce che le monache dovessero seguire la regola di San Benedetto. Alla fine del XVI secolo i Padri della Congregazione di Montevergine, fino a quel momento collocati nell’area dell’attuale quartiere Carmine, si sportarono all’interno della sacra struttura, precedentemente abbandonata dalle monache. Nel frattempo subisce numerose modifiche soprattutto nella destinazione: nel 1703 diviene sede della Confraternita di san Francesco della Croce, mentre 25 anni dopo al suo interno viene istituito il Conservatorio delle Pentite che, col tempo diviene, infine, luogo di accoglienza per donne bisognose. Nel 1900 ritroviamo, al suo interno, la Congregazione delle Figlie di Sant’Anna, mentre alla fine dello scorso secolo, si assiste allo sfratto delle ragazze madri di Casa Betania che occupavano una parte dell’ex convento, per dar luogo, poco più di dieci anni fa a un complesso restauro di tutta la struttura ad esclusione della chiesa, al fine di trasformarla in civili abitazioni (o forse anche in albergo), allo stato attuale fermo da tempo! L’area è di particolare bellezza, non solo paesaggistica, nel cuore del centro storico in un punto dal quale si può ammirare un bel panorama di tutto l’ampio Golfo di Salerno, ma anche dal punto di vista architettonico e storico. Oltre al semplice ingresso con porta centrale sormontato da un frontone triangolare al di sopra del quale spunta un finestrone rettangolare, sul lato nord ritroviamo una singolare porticina, con finestra strombata, dalla quale si accede alla sagrestia della chiesa, addossata sul lato nord occidentale del Convento, a forma cilindrica e avente, come copertura, un cupolino con lanterna sovrastante. Non lontana da quest’ultima ritroviamo un altro particolare elemento anch’esso addossato alle mura longobarde, un’antica “posterula” allo stato attuale tompagnata. La sua etimologia deriva dal diminutivo del latino tardo “posterus” che vuol dire porta poco visibile. Come tutte le posterule, è di piccola dimensione che permette il passaggio di un solo uomo alla volta e posizionata lontana dalle porte principali urbiche. Essa poteva risultare utile in alcune circostanze di pericolo come, ad esempio, in caso di attacco nemico o di assedio, o poteva anche essere utilizzata per poter accede, fuori le mura, alle coltivazioni ad esse adiacenti. Le posterule, come porte secondarie, sono già presenti in epoca greco-romana come ad esempio lungo le mura della città sannitica di Sepino o lungo le megalitiche mura di Cefalù del V –VI secolo a.C. In seguito, nel corso del medioevo e del rinascimento, questi piccoli varchi diventarono molto frequenti come nel caso di Milano dove sono presenti dieci posterule. Secondo il De Simone, nell’area in questione, nel XIII secolo, erano presenti ben tre posterule: “lu Franciscu”, quella “de lu Pinetu” e la terza detta “de lo Agnello”. L’area, inoltre, è ben descritta anche in alcune rappresentazioni grafiche storiche. Ricordiamo, ad esempio, una mappa storica realizzata da Angelo Rocca nel 1584, custodita nella Biblioteca Statale Angelica di Roma, dalla quale è possibile la ricostruzione dell’urbanistica dell’epoca e l’individuazione dei singoli edifici religiosi e delle strutture difensive rappresentate con particolare minuzia. Nello specifico, in essa è ben visibile l’area in questione con l’ex Convento posto nella parte nord est del centro storico e con la facciata ovest coincidente con le mura longobarde e le mura realizzate con il successivo ampliamento d’epoca angioina. In un’altra rappresentazione depositata nell’Archivio di Stato di Salerno “Giucitura della sezione longitudinale che passa per l’asse della Galleria ferroviaria di Salerno in cui si riscontra geometricamente quanto concerne la controversia tra i coniugi Lambeti Macrì e la ditta Carabelli-Dini” (T.C. Perizie 1868 b. 8 cc. 713-713a) si evidenziano le mura longobarde orientali non lontane dall’ex convento di Santa Maria della Consolazione e dall’area della chiesa di San Filippo Neri e quelle relative all’ampiamento angioino più ad est che avrebbero inglobato l’ex Convento di Montevergine fino ad allora addossate sulla parte esterna delle mura longobarde. Nella “Nuova Pianta guida della città di Salerno” del 1903 (ASS, Archivio Michele De Angelis, b 58, fasc.1), inoltre, è ben descritta la rampa sulla quale, indicata col numero 39, si innalza la chiesa e Convento di Montevergine. Col 38, si indica la Caserma della Mercede, l’ex Monastero di Santa Maria della Mercede; col 40 la Caserma di San Domanico ex Convento di San Domenico e Santa Maria della Porta; col numero 21 le Carceri di Sant’Antonio ovvero l’ex Conventi di San Francesco, San Pietro a Majella e San Giacomo. Da notare, inoltre, la rampa che si concludeva, nella sua parte alta, con la chiesa di San Filippo Neri ancora spezzata da via S. De Renzi che verrà realizzata solo qualche anno dopo. Altra interessante rappresentazione della zona è quella datata 1907 e relativa al progetto “Acquedotto consorziale dell’Ausino” (Archivio Storico del Comune di Salerno) dove si scorge la rampa, ancora nella sua interezza, che parte da San Filippo Neri, per proseguire costeggiata dall’ex Convento di Montevergine. E’ del 1912 “Pianta della Città di Salerno” (custodita nell’Archivio Storico del Comune di Salerno) ulteriore descrizione dell’area in questione dove si evidenza la Salita col nome “Salita Castello”.