Questa antica leggenda narra di un valoro guerriero normanno, Roberto II Duca di Normandia in visita a Salerno presso la famosa Scuola Medica. Primogenito di Guglielmo I d’Inghilterra, detto anche il Conquistatore, alla morte del padre, sopraggiunta nel 1087, Roberto ereditava il Ducato di Normandia mentre il secondogenito, Guglielmo il Rosso, riceveva il Regno d’Inghilterra e il terzogenito, Enrico, una cospicua somma di danaro. Il nostro protagonista detto anche “Gambaron” (che vuol dire coscia corta), in realtà avrebbe desiderato ricevere il regno d’Inghilterra senza mai ottenerlo, nonostante le continue lotte tra i fratelli.
Al fine di dimostrare il suo carattere forte e caparbio, il Gambaron salpò con una nave dal porto di Brindisi per partecipare alla prima Crociata in Terra Santa (1096-1097).
All’epoca la città di Salerno con la sua celeberrima Scuola Medica, accoglieva tutti gli ammalati e i feriti provenienti dalle Crociate per essere curati dai bravi medici negli ospedali cittadini. Ferito in battaglia, Roberto fu portato a Salerno per essere curato e con lui ricordiamo Boemondo d’Altavilla, Raimondo di Tolosa e Goffredo di Buglione. Da qui la leggenda che lo vede coinvolto. Raggiunto il porto salernitano dopo un lungo viaggio in nave e, portato a spalla all’interno dell’ospedale cittadino, il Duca, gravemente ferito a causa di una freccia araba la cui punta era impregnata di veleno, all’estremo delle sue forze e in preda alla febbre alta, implorò i bravi medici affinché gli salvassero la vita. Dopo un’accurata visita e un breve consulto, essi convennero che Roberto si sarebbe salvato soltanto se qualcun altro avesse succhiato il veleno dalla sua profonda ferita del braccio che iniziava anche a incancrenirsi. Colui che lo avrebbe fatto, però, avrebbe anche sacrificato la propria vita. Ma a tale responso il Duca rifiutò immediatamente!
Intanto dall’Inghilterra giungeva la notizia della morte del fratello Guglielmo il Rosso e che, dunque, Roberto avrebbe ereditato il trono. Malato e dolorante, il Duca non era in grado di potersi muovere e pertanto sua moglie Sibilla d’Altavilla da Conversano (donna molto bella ma, allo stesso tempo, di grande cultura) decise di sacrificarsi salvando la vita del marito per amore. Una notte, avvicinandosi al letto del marito dormiente, la donna asportò tutto il veleno presente nel braccio consapevole del suo triste destino.
Grazie al suo sacrificio, Roberto ebbe salva la vita e prima di partire da Salerno, il Priore della Scuola Medica volle dargli in dono un opuscolo con precetti riguardanti le buone regole per vivere in salute. Si trattava di importanti regole scritte in latino e messe insieme da una serie di dottori tra cui un certo Ursone, un altro dal nome Salomone e un altro ancora di nome Pietro. In esso erano contenute tutte le esperienze mediche provenienti da terre anche assai lontane come quella araba o la greca: si tratta del famoso “Regimen Sanitatis”.
La tomba di Sibilla d’Altavilla, al di là della più o meno attestata veridicità della triste leggenda, è collocata nella cattedrale di Rouen dove si può ancora ammirare la sua lapide sulla quale è presente tale iscrizione: “Sibilla di Conversano, nata in Puglia, la quale condusse in moglie Roberto detto Coscia Corta, Duca dei Normanni, figlio dell’invitto Guglielmo II il Conquistatore, colpita da precocissima morte dopo un biennio di matrimonio. A(nno) m(ortis) 1102. Prima delizia, poi desiderio della gente, ora cenere in futuro risorgente”.
Nel Canone di Avicenna, trattato fisico-medico e filosofico scritto appunto da Avicenna, uno scienziato musulmano vissuto nell’antica Persia, tradotto in latino nel XII secolo, si riporta una interessante miniatura riguardante la leggendaria storia di Roberto II di Normandia in cui si vede il Duca, ormai guarito, salutare i medici della Scuola Salernitana, mentre in basso a sinistra si raffigura la moglie, scheletrica in fin di vita, affiancata da altri medici. Gli ultimi anni della vita di Roberto furono caratterizzati da comportamenti sregolati tali da essere rinchiuso, per volere del fratello Enrico, nel castello di Cardiff, dove vi morì nel 1106. Il monumento funerario di Roberto II è collocato nella Cattedrale di Gloucester (nel sud dell’Inghilterra).