Il Castello di Salerno

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Punto di riferimento di tutta la città di Salerno e importante elemento storico-architettonico che domina il Capoluogo, il Castello si erge alla sommità di colle Bonadies che sovrasta l’intero centro storico  (così denominato poiché è il primo a ricevere i raggi di sole del mattino). Le sue origini sono antichissime: storici come il De Angelis o il Fiore datano la sua prima realizzazione intorno al III secolo d.c.,  poco dopo la fondazione del Castrum Salerni voluta dai romani nel 194 a.c. come presidio militare contro i ribelli Picentini. In realtà, il luogo, frequentato solo  in epoca romana, non assolveva pienamente funzioni difensive. Molto più concreta è la tesi che afferma che il Castello o, meglio, la realizzazione della  Turris Maior, sia da ricondurre al generale Narsete, nel VI secolo d.c., durante la guerra greco-gotica (intorno al 552, quando il generale bizantino sconfisse il goto Totilia nella battaglia dei Monti Lattari). Nel 646, con l’inizio della dominazione longobarda  su gran parte del meridione d’Italia (Longobardia Minor), la città di Salerno ebbe una forte rinascita e un notevole beneficio economico e culturale prima come città del Ducato di Benenvento e poi come Principato autonomo. Lo storico Acocella sottolinea  un passo del Chronicon nel quale, nel corso della narrazione del Governo longobardo di Arechi II, i due verbi “ampliavit” e “munivit” ricordano gli sforzi esercitati dal principe per estendere e fortificare le preesistenti mura difensive. Il tutto è ulteriormente ben documentato dallo studio delle stratificazioni murarie effettuato negli ultimi decenni del XX secolo. E’ del 1896 l’errata denominazione di “Castello di Arechi” (anno in cui  la struttura viene dichiarata Monumento Nazionale), sebbene sia storicamente accertato che  il principe non dimorò mai nella roccaforte, stabilendo, al contrario, la sua residenza in pieno centro cittadino, in quello che attualmente è definito Complesso archeologico di San Pietro a Corte. Arechi II conserva l’impianto bizantino del Castello ma  lo fortifica, innalzando nuove torri e  ampliando il circuito murario che aveva come perno difensivo la Torre Mastra (nella sua parte più alta), per creare quel particolare schema fortilizio a triangolo che viene ben documentato dalla prima rappresentazione dell’ultima coniazione longobarda  voluta da GisulfoII, accompagnata dal motto “Opulenta Salernum”. Il Castello è, inoltre, ben documentato anche dal contemporaneo Paolo Diacono, il beneventano Erchemperto nel IX secolo e anche dall’Anonimo del Chronicon Salernitano nel X secolo. Tante sono le rappresentazioni dal medioevo in poi della struttura difensiva, attraverso le quali si possono anche notare i vari ampliamenti e le modifiche subite nel corso dei secoli. Nel “Liber ad Honorem Augusti” di Pietro da Eboli (fine XII secolo) è riportata una serie di miniature, oggi custodite nella Biblioteca civica di Berna. Il Poema descrive in versi e in immagini le battaglie tra la Casa Sveva di Enrico VI e i Normanni guidati da Tancredi. Si tratta di sei miniature che  ritraggono le vicissitudini dell’imperatrice Costanza, moglie di Enrico VI, a Salerno,  dall’assedio di Castel Terracena, dove era rinchiusa su richiesta dei sostenitori della casa Sveva, fino all’abbandono della città. In una scena, in particolare, sono ben riconoscibili il Castello, con le sue torri e le mura merlate, il Palazzo Terracena e la Cattedrale.  Nel periodo angioino, sotto Carlo I, la struttura difensiva viene sottoposta a manutenzione sia delle torri mastre che di quella maggiore. Molto interessante è la miniatura della Cronaca del Ferraiolo, presente nella Pierpont Morgan Library di New York (fine XV secolo), d’epoca aragonese, in cui si ritrae la città, nel suo insieme, con lo schema difensivo a triangolo: il Castello è posto sul vertice e si notano la Turris Maior, più grande, altre due torri più piccole e il sistema delle mura a est e ad ovest che chiudono la città lungo la linea di costa, a sud. Per la prima volta viene, poi, rappresenta la Bastiglia: ulteriore torre posta a nord del Castello, probabilmente realizzata sotto il dominio normanno. Nel XVI secolo, sotto la dominazione del Viceregno spagnolo, per volontà del Vicerè Parafan de Ribera, assistiamo non solo all’ampliamento del Castello verso sud-est, con la realizzazione di una serie di cannoniere posti a difesa dell’area portuale di Salerno dal  pericolo dei turchi, ma  anche alla costruzione di un ampio sistema difensivo costituito da una serie di fortificazioni lungo la costa salernitana: la Carnale, costruita nel 1569 dal maestro Andrea de Gaeta, la Torre Angellara a sud est del Capoluogo, su progetto del maestro Leonardo De Lauletta (1568) e la Torre dell’Annunziata posta ad ovest della città costruita a fine XVI secolo. Il Castello è ben visibile, nella sua rinnovata veste, in una rappresentazione realizzata dal monaco agostiniano Angelo Rocca (1583-1584) per una raccolta di un centinaio di città del centro-sud Italia, attualmente custodita nella Biblioteca Angelica di Roma. Nella rappresentazione il Castello è numerato (numero1) come anche la Bastiglia (numero 2) e si nota come, diversamente dalle precedenti stampe, esso appaia come una sorta di  grande  fortino costituito da una serie di edifici militari. Poco più di mezzo secolo dopo, in una famosa veduta di Scipione Galiano a volo d’uccello della città (1653), dal titolo “Salerno assediata dai francesi” (1648), sia il Castello che la Bastiglia sono indicati con le loro iniziali e anche in questo caso la struttura difensiva assume più un ruolo di centro fortilizio. Si susseguono numerose le rappresentazioni del Capoluogo e del suo sistema difensivo nel corso dei  secoli XVII e XVIII, ma proprio in questi decenni  la roccaforte perdeva la sua primordiale funzione di Castello e di fortino, nonostante continuasse a sostare, al suo interno, una guarnizione militare. La struttura fu anche fonte di ispirazione letteraria, durante una breve visita, nel 1812, di  Ugo Foscolo il quale, affascinato dalla bellezza della vecchia struttura difensiva medioevale, vi ambientò una sua famosa tragedia (La Ricciarda), portando sulla scena le vicissitudini amorose tra Ricciarda (figlia di Guelfo, tiranno di Salerno) e Guido (figlio di Averardo, fratellastro di Guelfo), le cui famiglie  vissero  trentennali contrasti. In una lettera indirizzata a Silvio Pellico Foscolo  scrisse: “ è una tragedia tutto amore, e terribile per contrasti di pietà e di ferocia, e di affetti d’amicizia, d’amore, di fraternità”. Probabilmente  il Castello Foscolo lo vide proprio come ritratto, pochi anni dopo, dallo scrittore Cesare Malpica mediante un commento grafico, nel suo “Storia Patria. La notte del tradimento”, una litografia che  raffigura la fortezza con una scritta “Avanzi del castello di Salerno”, quasi  un rudere, anche se nella sua parte bassa, a sud-est, si staglia un’abitazione. Nel periodo della Repubblica Partenopea il Castello subisce  una lenta perdita delle sue funzioni, per essere ancora sede nel 1828 del progetto per la rivolta Cilentana. Abbandonato del tutto agli inizi del XX secolo, nel 1960 fu acquistato dalla Provincia con un importante fine di recupero conservativo e la valorizzazione del sistema difensivo. Trent’anni dopo venne acquistata anche la torre della Bastiglia. Grazie ad un attento restauro da parte dell’Architetto Mario Dell’Acqua, nell’Ottobre del 1982, la struttura fu aperta al pubblicocon la creazione di sale per conferenze, congressi e mostre, il tutto  accompagnanto da un piccolo museo, nel lato sud-est, nucleo espositivo di ceramiche e reperti ritrovati nel Castello. La struttura, oggi. si presenta in parziale stato di abbandono. All’indomani dei numerosi sforzi da parte della Provincia per promuove tale realtà storica, l’imperante crisi economica e i tagli alle spese, da parte dei poteri centrali e delle amministrazioni locali, hanno comportato la chiusura dell’interessante Percorso Didattico multimediale con il conseguente impedimento della visita  di vari ambienti e anche della Turris Maior. La memoria storica non può e non deve essere dimenticata, per cui esprimo un fiducioso incoraggiamento affinchè  il tutto possa essere ripristinato al più presto.

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