Bolgheri: un affascinante borgo in prossimità della “Costa Etrusca” livornese.

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Pensando alla Toscana, ci si sente immediatamente proiettati tra le vie dei luoghi iconici dal ricco patrimonio storico e architettonico, quali Pisa, Firenze, Siena o Lucca. Esistono, tuttavia, altrettante realtà più modeste (paesi, campagne) ma assai suggestive e dal potenziale attrattivo comparabile ai centri più conosciuti della regione. Una di queste è certamente l’area a sud di Livorno, la cosiddetta “Costa Etrusca”, con la schietta genuinità della sua gente che si riscontra nella vita quotidiana lontana dagli affanni delle metropoli, dove il rispetto del verde si coniuga armoniosamente con il paesaggio urbano dei borghi posizionati, per lo più nell’immediato entroterra, che conservano le caratteristiche storico-architettoniche di un tempo passato. In posizione quasi baricentrica tra Piombino e Livorno, nell’area più settentrionale della Maremma detta Livornese, ma storicamente definita Pisana, il paese di Bolgheri è adagiato lungo le ultime propaggini delle Colline Metallifere, tra campi di uliveti e vigneti che caratterizzano tutto il comprensorio.I cipressi che a Bolgheri alti e schietti van da san Guido in duplice filar, quasi in corsa giganti giovinetti mi balzarono incontro e mi guardar. Mi riconobbero, e – Ben torni ormai – bisbigliaron vèr me co ‘l capo chino – Perché non scendi? Perché non ristai? Fresca è la sera e a te noto il cammino…”, sono i versi iniziali di una delle poesie più belle di Giosuè Carducci “Davanti San Guido” che ricorda i luoghi dell’infanzia a lui cari. Rientrante nella raccolta delle “Rime Nuove”, in essa si riconosce la massima espressione delle opere carducciane, nelle quali, si esplica la narrazione di un viaggio mentale.

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Quello di cui si parla è il viale che dalla via Aurelia, lato mare, porta al paese di Bolgheri (paesino rientrante nel comune di Castagneto Carducci), terminando (o partendo) in prossimità della piccola chiesetta-oratorio di San Guido a pianta ottagonale costruita nel 1703 per volere di Simone Maria Della Gherardesca, attraverso un saliscendi caratterizzato da un doppio filare di cipressi d’incontrastata bellezza paesaggistica. Il viale, oggi Monumento Nazionale, è lungo ben 5 km e conserva, ai suoi lati, 2500 alberi circa. Nel percorrerlo, il viandante è permeato da un evidente piacere visivo che è, allo stesso tempo, spirituale: tra gli innumerevoli cipressi del viale si scorgono, in alternanza, campi di vigneti e uliveti che riempiono l’animo di grandi emozioni e sensazioni di pace. Il viale si conclude con il piccolo borgo di Bolgheri: antico feudo della famiglia Della Gherardesca, che si struttura su due vie parallele e qualche collegamento tra di esse. Nella sua parte bassa ritroviamo, inglobata nella facciata del Castello (di proprietà dei Della Gherardesca fin dal XIII secolo) una porta d’ingresso, proprio sotto una torre con grande arco a sesto acuto, rimaneggiata nel tempo, a pianta rettangolare con merlature. Immediatamente al di sopra di esso si scorge lo stemma della famiglia Della Gherardesca, sormontato da due finestre bifore. Il rivestimento è in mattone faccia a vista, con un susseguirsi di finestre bifore e monofore. Tutto l’impianto del castello, che è addossato tra le mura e una chiesa, risale molto probabilmente all’anno 1000, e si sviluppa su tre piani. Come la torre, anch’esso ha subito numerosi rimaneggiamenti: alla fine del XIX secolo, infatti, la struttura subisce delle modifiche su progetto dell’architetto Tito Bellini, come attesta anche una targa commemorativa posizionata sempre sulla torre-porta accompagnata nella sua parte bassa, da un tondo di terracotta invetriata in stile della Robbia. La chiesa, con originale facciata a capanna, la s’incontra sulla destra, appena si entra dalla porta. Di epoca medievale e dedicata ai santi Giacomo e Cristoforo, anch’essa ha subito, al suo interno, profonde modifiche all’inizio del secolo scorso. Il borgo è molto accogliente, con le sue enoteche sparse qua e là, i negozi di artigianato locale e le sue trattorie, con tavoli e tavolacci posti all’esterno dinanzi alle stesse, dalle quali si diffondono profumi e sapori di una cucina casereccia, quella di un tempo, a noi quasi sconosciuta ma che in queste aree mantiene vivo il ricordo di un’accoglienza che è fatta anche di tipiche ricette antiche che resistono ancora al giorno d’oggi.

 

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