Covid-19: intervista dal Cotugno al dr Giovanni Parrella, infettivologo

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In questo periodo in cui la popolazione è invitata a restare a casa per questa lotta al Covid-19, si riscontra ancora in tutta Italia mancanza  di dispositivi di protezione individuale, gli ormai tanto famosi e citati DPI che hanno la finalità di salvaguardare la persona che l’indossa e la persona con cui si entra in contatto.  Quella che si sta vivendo è una drammatica  lotta contro il tempo ed i contagi.

Analizziamo la situazione con il dr Giovanni Parrella infettivologo al Cotugno di Napoli.

-L’emergenza Covid-19 avanza. Abbiamo superato i diecimila morti in Italia. A cosa è dovuta la leggera flessione degli ultimi giorni?

“La leggera flessione registrata è dovuta agli effetti delle misure di contenzione adottate: limitando la circolazione della gente si limita la circolazione del virus. Inoltre, essendo l’epidemia cominciata prima al Nord, il calo è dovuto anche alla riduzione dei casi in regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna”.

-Quale terapia state seguendo al Cotugno di Napoli?

Stiamo trattando tutti i pazienti con quadro di polmonite con i seguenti farmaci: Plaquenil, Azitromicina, Kaletra (o Rezolsta). Ci sono sempre più evidenze scientifiche sul ruolo del Plaquenil, specie se impiegato precocemente. Gli altri farmaci forniscono sia una copertura antibiotica (nel caso dell’azitromicina), sia un potenziamento dell’azione del Plaquenil (in particolare, gli antiretrovirali Kaletra e Rezolsta hanno una lieve azione inibente sulla replicazione virale). Terapie complementari (cortisone, Tocilizumab) vengono impiegati nei quadri più impegnativi, con severo interessamento polmonare, per ridurre il danno immuno e citochino-mediato che porta, in una piccola percentuale di pazienti, a quadri di coagulazione intravascolare disseminata, vasculite necrotizzante, fenomeni tromboembolici ed insufficienza multiorgano”.

-Neanche il personale medico e paramedico ha gli adeguati presidi medici. Come ci si può approcciare così all’emergenza?

“Il problema dei presidi resta vivo: per fortuna i casi di medici e paramedici infettatisi sono per ora limitati, ma ovviamente non si può andare in guerra con le spade di cartone e le pistole giocattolo”.

-Neanche il personale medico e paramedico viene sottoposto a tampone per la tutela di se stesso e dei pazienti. Non sarebbe giusto considerare tutti i pazienti infetti, fino a prova contraria?

In questo momento tutte le procedure e visite non urgenti andrebbero differite ad emergenza rientrata: il rischio di contagiare non solo personale medico e paramedico ma anche altri pazienti contaminando oggetti (il virus resiste poco nell’aria ma fino a 2-3 giorni su plastica e acciaio) è elevato”.

-Che previsioni si possono azzardare?

“Un cauto ottimismo è in questo momento possibile: i casi dovrebbero cominciare a diminuire sensibilmente dopo Pasqua per azzerarsi a metà maggio. Condizione necessaria è mantenere l’isolamento fino a spegnimento del focolaio, contando sul ruolo delle temperature più elevate dei mesi primaverili, che dovrebbero rendere ancora meno resistente il virus nell’ambiente”.

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