
di Valeria Saggese
Fuoco purificatore, fuoco simbolo della creatività, fuoco crudele e assassino.
Questo pomeriggio le fiamme hanno sgretolato il cuore di Parigi. L’Île de la Cité, avvolta da una coltre di fumo, vede crollare la sua cattedrale. Notre-Dame. Non c’è Quasimodo, non c’è Victor Hugo, non c’è nessuno che ha potuto fermare la furia dell’incendio che è probabilmente divampato da un’impalcatura.
Crolla il tetto. Crolla la sua guglia. Crolla l’arte. Si ferma il cuore della Francia, si ferma il mondo.
Avvolto dal fumo, urla anche Giove sotto le pietre che in origine reggevano il tempio a lui dedicato.
“Nostra Signora” può raccontarci la storia, il Rinascimento, la Rivoluzione francese, Napoleone. Lei, con abiti nuovi a seconda dell’epoca, c’era sempre. Guardarla in fiamme, vederla crollare, è come sentire il suo lamento, è come se dicesse, “questo tempo non mi rispecchia. Questa epoca veloce che presta sempre meno attenzione alla cultura e all’arte non mi dà la forza di reggere”.
Eppure, quando un’opera così importante viene ferita è come se ognuno di noi venisse trafitto, graffiato, lacerato. È come se una parte del nostro corpo morisse perché in ognuno di noi c’è una pietra di lavoro e di sudore. C’è il sacrificio dell’idea, dell’arte insita nell’essere umano. C’è, anche se talvolta nascosta, la bellezza.