3 settembre 1943: l’armistizio di Cassibile

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-di Giuseppe Esposito-

Il 3 settembre del 1943 l’Italia si arrese incondizionatamente agli Alleati, firmando l’armistizio di Cassibile. Esso sancì lo sganciamento del nostro paese dall’alleanza con la Germania nazista e segnò l’inizio della Campagna d’Italia per la liberazione dal nazifascismo.

La firma dell’accordo avvenne in un piccolo paese in provincia di Siracusa, in contrada Santa Teresa di Longarini.

La firma del trattato fu tenuta segreta per cinque giorni, con l’intesa che esso sarebbe entrato in vigore nel momento in cui sarebbe stato reso pubblico. L’annuncio dell’intesa fu annunciata l’8 settembre dal generale statunitense Dwight Eisenhower, alle 17.30 (18.30 in Italia) attraverso Radio Tunisi ed in lingua inglese. Alle 19.42 dello stesso giorno, fu la vota del generale Badoglio a dare l’annuncio in italiano dai microfoni dell’EIAR.

A Cassibile, a siglare materialmente l’atto era stato inviato il generale Castellano.

Prima di giungere alla firma c’erano stati diversi contatti tra il governo italiano, presieduto da Badoglio e gli Alleati. Le ultime trattative avevano avuto luogo a Lisbona, dove era stato mandato Castellano. La missione non potè essere espletata con la rapidità che il momento richiedeva poiché fu imposto al generale di raggiungere il Portogallo solo in treno attraverso i territori neutrali. Per questo il nostro inviato impiegò ben tre giorni per arrivare a Madrid, da dove, sempre in treno si recò a Lisbona. L’incontro con i rappresentati degli alleati avvenne solamente il giorno 19 agosto. Non conoscendo l’inglese il generale fu costretto ad avvalersi della collaborazione del console italiano Franco Montanari che poi portò con sé anche a Cassibile.

Il giorno 23 ripartì da Lisbona e giunse a Roma solo il 29 agosto. La missione, sebbene urgente, era durata ben quindici giorni. Partito Castellano, Badoglio inviò a Lisbona a tenere i contatti con gli alleati i generali Rossi e Zanussi, suscitando non poca perplessità nei rappresentanti degli alleati i quali, tra l’altro, non vedevano di buon occhio Zanussi, poiché questi era stato l’addetto militare italiano a Berlino. Toccò tuttavia ai due presentare nelle mani dei rappresentanti alleati, lo statunitense Walter Bedell Smith e l’inglese Kenneth Strang,  la formale accettazione del governo italiano delle condizioni di resa.

In realtà sulla resa italiana molti tra gli alleati erano piuttosto tiepidi poiché si era ormai prossimi al crollo delle forze armate italiane. La resa fu accettata solo per accelerare il corso delle guerra verso la sconfitta della Germania nazista.

Tuttavia a posteriori sono emerse anche ragioni di real politik dietro l’accettazione della nostra resa. Si voleva impedire, infatti, che a seguito della conquista militare della penisola essa potesse cadere sotto l’influenza degli inglesi i quali avrebbero di sicuro monopolizzato i traffici commerciali, coloniali e soprattutto petroliferi nell’intero Mediterraneo, seguendo la loro spregiudicata politica di sempre.

In casa italiana la possibilità di trattare la resa a causa dell’infausto andamento della guerra era stata resa possibile dalla caduta del fascismo avvenuta il 25 luglio precedente. In quella data era stata convocata, su richiesta di Grandi, Ciano e Bottai una seduta del Gran Consiglio del Fascismo ed in quella occasione i tre avevano presentato un ordine del giorno in cui si chiedeva al re di riprendere in mano le redini della politica italiana. Su quell’ordine del giorno, a causa delle terribili condizioni in cui versava il paese, i tre erano riusciti a mettere in minoranza Mussolini. Era in pratica la fine del Duce, che, poco dopo, Vittorio Emanuele III fece arrestare, sostituendolo con il generale Badoglio a capo del governo.

La proposta ufficiale di resa fu presentata a Badoglio dall’ambasciatore inglese presso il Vaticano Darcy D’Osborne, il che lasciava intendere che dietro vi era stata anche l’attività della chiesa, nella persona di monsignor Montini, il futuro Paolo VI.

Il telegramma di accettazione delle condizioni di resa, inviato dal governo agli Alleati fu intercettato dai tedeschi e Berlino mise sotto pressione il comandante della piazza di Roma. Badoglio impegnò ripetutamente la sua parla d’onore per smentire, ma i tedeschi non gli credettero e cominciarono a prendere le loro contromisure, con le tragiche conseguenze che conosciamo e che li portarono a trucidare migliaia di militari italiani, lasciati senza precise istruzioni dopo la firma dell’armistizio. Altra miserevole prova delle nostre autorità dell’epoca e dello stesso re che prese, vigliaccamente la fuga rifugiandosi a Brindisi, già liberata dagli Alleati, insieme con gli esponenti del governo e di tutti i vertici militari dello stato.

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