Luigi Perrotta e quelle Vigilie dell’Immacolata anni ’60 a Fratte

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Luigi Perrotta, per tutti Gigino, a volte mi racconta quei frammenti di passato che tiene ben ancorati a sè, che lo riportano alla sua infanzia, atmosfere lontane, di un tempo che fu.

Gestisce dal 1992 un’ attività commerciale nel quartiere Carmine, una macelleria in via Vernieri 1947, rilevando l’attività che sorgeva dal 1957. Con garbo ha sempre un sorriso per tutti dividendosi tra il lavoro e la sua adorata famiglia, felice più che mai ora che da poco ha un nuovo nipotino, Alessandro, nome scelto dal fratellino Francesco, entrambi figli della sua Elena.

Qui, nella sua attività commerciale, oggi 7 dicembre, rievoca quella che era la vigilia dell’Immacolata, quando lui era un ragazzino con i pantaloni al ginocchio, -corti perchè le gambe dovevano fortificarsi-come diceva la sua mamma Elena, per poi capire, che non ci si poteva permettere quelli lunghi.

I ricordi della vigilia dell’Immacolata degli anni 1963/1964  riemergono con prepotenza perchè tanta è la nostalgia per i cari che non ci sono più. Siamo a Fratte nel racconto di Gigino. “La statua della Madonna usciva dalla Chiesa di Santa Maria dei Barbuti, nel giorno della Vigilia dell’Immacolata, in questa occasione arrivavano anche le giostrine in via Nicola Buonservizio.

In cucina, il 7 dicembre di tanti anni fà, mia mamma Elena preparava il baccalà, il pesce fritto, gli struffoli, una sorta di anticipazione della vigilia del Natale. Era mia mamma che cucinava mentre mio padre mangiava, era lei  addetta anche alla preparazione dell’albero di Natale e del Presepe, era lei il fulcro attorno a cui ruotava tutto. Il presepe aveva sempre lo stesso numero di pastori; a me piacevano tanto i Re magi, questi Re che portavano  doni, tanti  e preziosi, mi entusiasmavano letteralmente.  Il Presepe era fatto ogni anno allo stesso modo: l’acqua veniva resa con uno specchio o poi con la carta argentata, il cielo con la carta stellata, le montagne con carta marrone sagomata dopo essere stata accartocciata tra le mani perchè si sa, le montagne non sono uguali e sono frastagliate.

La vigilia dell’Immacolata dava dunque  il via all’atmosfera di Natale, dopo questo giorno ci si sentiva dentro questa nuvola di tradizioni, di tepore fatto di volersi bene e dello stare insieme. Ricordo che il rione era davvero una famiglia, ci si voleva bene. Con mia sorella Michelina e mio fratello Antonio giocavamo giù nel cortile con le pistole, i fucili. Ci sentivamo liberi e felici con poco.

Si aspettavano le feste di Natale per qualcosa in più.  Capodanno poi era  atteso per i botti anche se a casa mia non se ne sparavano più dopo che mio zio perse un occhio proprio per questo motivo a soli 20 anni ed a 22 anni perse anche l’altro.

Il dono della Befana era, ogni anno, un paio di scarpe nuove. Sempre lo stesso regalo, ma sempre bello a dimostrare l’amore dei miei genitori. I regali infatti si aprivano soltanto alla Befana ed io mi divertivo ad immaginare questa anziana donna dal cuore buono che si prendeva la briga di girare il mondo per premiare tutti i bambini. E come dimenticare il calzino ai piedi del letto ? E la gioia la mattina seguente? Sapevamo apprezzare tutto, i sacrifici dei nostri genitori e la bellezza dello stare insieme.

C’era più fratellanza, umanità. Si parlava tra vicini di casa, cosa che non vedo più fare oggi. Da sempre anche a casa mia è mia moglie che prepara, è mia moglie che si occupa di allestire albero e presepe ma è insieme che cerchiamo di tramandare tradizioni e valori ai nipotini.”

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