Il racconto della Domenica: “Ci vediamo al solito posto”

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di Claudia Izzo-

Il lungo periodo del Covid 19 era servito a capire i suoi sentimenti. Quella distanza forzata aveva alzato steccati, l’aveva isolato, allontanato da tutto e tutti ma non da Marco. 300 km di distanza non erano stati sufficienti ad allontanarli. Era inutile mentire, a se stesso e al mondo. Il sentimento che era nato tra i due era sincero e vero.

“Credo che tra noi ci sia qualcosa di vero che neanche io ancora conosco. Mi sembra di essere inghiottito in qualcosa di più grande di me che mi sconvolge e mi attrae.”

Non importava, ormai, quanto fosse stato bullizzato al Liceo, mentre i docenti pensavano soltanto ai voti e ai programmi, quanto la sua sensibilità gli avesse provocato insulti, frasi sconce, sguardi beffardi. A difenderlo, a difendere il suo mondo, aveva sempre avuto il suo gruppetto di amici in classe, quelli pronti a schierarsi, difenderlo, fargli da scudo. Perchè quel Liceo Classico si era rivelato un covo di stereotipi e di vanità, di vuoto, di sensibilità marce. Sapeva bene di essere stato fortunato ad essere compreso nell’anima da questi suoi angeli, come li definiva lui. Ora confidava agli amici- quando tutti facevano ritorno dalle loro università e si ritrovavano, al solito posto, al bar accanto al Liceo, dove finalmente andava con uno spirito diverso- che  in questa sua Università ubicata in una splendida città capace di scaldargli l’anima,  culla di cultura, capace di abbracciare tutte le diversità del mondo, finalmente camminava per le strade a testa alta, con il coraggio di guardare negli occhi le persone. Aveva maturato una consapevolezza che lo rendeva più sereno. Almeno fuori casa.

Tra le mura domestiche, invece, la farsa continuava con i genitori che fingevano di non capire, di non vedere. Un modo per stare in pace con se stessi, per non affrontare qualche scomoda verità.

Ma poi perché scomoda? Non ha ognuno il diritto di vivere in base a ciò che sente dentro? Fin quando bisognerà vergognarsi? Quanto tempo ci vorrà a trovare il coraggio di urlare al mondo la mia interiorità?

Ricordava bene quanto, alla sua festa di 18 anni, i genitori fossero felici di vederlo  nel viale della villa in campagna, accompagnato da quella ragazzina tutta solarità e profondità; speravano fosse la sua ragazza o lo potesse diventare da lì a poco. Ma quella ragazzina sotto al braccio era uno dei suoi angeli, quella a cui poter dire tutto, una di quelle che non giudicava ma accoglieva l’amico e lo sosteneva. Uno scrigno di segreti e di speranze.

Era più maturo, adesso, ma con tante incertezze di vita che poi, a venti anni, ci stanno tutte. Il suo sguardo era limpido, vero. Certo non sapeva come sarebbe stata la sua vita, quante difficoltà avrebbe incontrato, in quale luogo avrebbe vissuto, se poi, sarebbe stato capito dai suoi familiari, ma sapeva che avrebbe sempre potuto contare sui suoi angeli, avrebbe sempre avuto sguardi sinceri innanzi a fare per lui un tifo da stadio.

Ma alla fine, l’amicizia non è questa? Poter contare sempre e comunque su qualcuno con cui le differenze diventano ricchezze e che senza giudicarti, ma consigliandoti sinceramente, ti è accanto?

 

Pixabay Licence. AI Generated

 

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