“L’altro/ Verso – Autodichiarazione dell’elemento vitale” è il titolo dell’esposizione dei lavori di Luigi Caravano, in arte Uzo Tzukamoto e di Valeria Alciati, alias Blanche, che sarà ospitata il 22 e il 23 dicembre presso gli spazi di Casa Ripa, in via Matteo Ripa 5, a Salerno (vernissage alle 18.30).
Tzukamoto e Blanche hanno dialogato a distanza, lungo l’asse Salerno-Torino, lui trasferendo sulla carta le più intime sfaccettature del suo mondo interiore, lei lavorando radici giapponesi per inventarla una carta che si fa, alla Baudelaire, un cuore messo a nudo.
L’elemento vitale citato nel titolo dell’esposizione è proprio qui, un tributo a una materia viva, che ancora respira e che continua a nutrirsi del respiro di chi la attraversa con la manipolazione artistica.
Nelle loro opere si respira l’urgenza di portare in superficie, con una speciale grazia, tutto quello che sembra custodito e a volte sepolto in profondità: emozioni e inquietudini, riflessioni e domande che sono il frutto di un lungo percorso di scavo interiore, una catabasi senza allegorie, sospesa in bilico tra la ritualità del mondo greco e le infinite possibilità offerte dalla psicoanalisi.
Casa Ripa è uno spazio privato, nato da un’idea di Carla Nicolò per offrire un luogo “protetto” a chi vuole fruire di format artistici che nulla hanno a che vedere con il rigore formale ed istituzionale del museo né con l’idea della residenza d’artista in cui il creativo è chiamato ad esercitare la sua azione performativa.
In questo caso luogo e artisti scelgono la linea del silenzio, di quel suono arcaico e naturale che non ha bisogno di strillare per imporsi, né di essere illuminato dai riflettori. Il contatto con il pubblico diventa più intimo, la dimensione privata mette a proprio agio, in vista della realizzazione di progetti anche transdisciplinari, sperimentali, inediti, da costruire a partire da quella dimensione fertile di confronto che la casa, come luogo, può favorire.
Il progetto di Casa Ripa prevede installazioni di arte contemporanea, momentaneamente allestite, per un giorno o poche ore, sia da artisti ospiti di passaggio, sia da talenti emergenti alla ricerca di spazi alternativi, non convenzionali. Il debutto è affidato proprio a Tzukamoto e Blanche.
“Con la carta c’è una fisicità data dal pestaggio – spiega Blanche – nella quale ritrovo la stessa armonia tra lo yin e lo yang, un equilibrio reciproco, un’interazione meditativa. Fare la carta è un’azione fisica fortemente legata al pensiero e al non pensiero. Progettare, pensare e allo stesso tempo lasciare fare, come l’acqua che scorre e che crea. Il bianco è stato per me il colore di tutti i colori. Anni fa mi sono avvicinata al bianco affascinata dal movimento, e soprattutto dalla (non) materia delle nuvole, poi ho dedicato parte della ricerca al lato oscuro di questo colore attraverso lo studio della cromatologia, contestando la sola teoria della purezza occidentale odierna e focalizzandomi man mano sul dualismo bianco/rosso, due concetti opposti e simili a quello di cicatrice come ferita dell’anima. Adesso è il momento della fragilità materica e non solo”.
Fragilità è la parola chiave per rileggere l’opera di Tzukamoto: “Le nostre cifre stilistiche non camminano sullo stesso binario, anzi, per certi versi si contrappongono – racconta – Ma proprio in questo contrasto si è creata un’armonia che ci consente di dialogare di sguardi e di sentire, anche in un contesto in cui c’è e si crea troppo rumore. Senza l’interfaccia con Blanche il mio lavoro non avrebbe senso e viceversa”.