Dalla “Secchia rapita” al “tronco trafugato”

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Tre uomini e una ruspa salvano un albero dalle fiamme-

La notte del 15 dicembre dell’anno appena trascorso tre figuri si aggiravano per le strade di Sorrento manovrando, per giunta, una ruspa. Erano un giardiniere, il manovratore del mezzo meccanico e nientemeno che il presidente della locale sezione del WWF, intenti a trafugare un grosso tronco d’albero adagiato da tempo dietro una chiesa.
Volevano salvare dalle fiamme del tradizionale falò di Santa Lucia il tronco ormai secco di un secolare esemplare arboreo di fico e ci sono riusciti senza che la forza pubblica sia intervenuta.

Un colpo messo a segno dai tre personaggi con particolare destrezza? No, il tutto è avvenuto con l’entusiastico assenso del parroco, dell’amministrazione comunale e dei “cepparoli” della sagra felici di salvare dalle fiamme il tronco e di rendersi protagonisti dell’arricchimento della fauna saproxilica.

Prima che corriate a consultare un’enciclopedia (o a sospettare di un refuso) sarà bene sdoganare la parola saproxilico, sicuramente sconosciuta al di fuori del mondo scientifico. Essa è composta da due termini derivanti dal greco antico: sapros (marcio) e xylon (legno), chiaro a questo punto il significato.
Ora possiamo più tranquillamente riferire quanto riportato dalle pubblicazioni del Ministero dell’Ambiente in merito.

Il legno degli alberi senescenti cavi e di quelli morti in piedi o a terra costituisce elemento fondamentale dell’ecosistema forestale, fornendo substrato, nutrimento e rifugio per innumerevoli specie. Si stima che circa il 30% della biodiversità complessiva di un ecosistema forestale sia dipendente dal legno “morto”.
Ancora meglio ci spiega Claudio d’Esposito bandiera del WWF della penisola sorrentina e della provincia di Salerno, uno dei tre meritori protagonisti della notte di santa Lucia:
“Si fa presto a dire bosco, foresta, selva, non basta contare gli alberi o misurare l’estensione della copertura verde. C’è un elemento di giudizio ben più significativo per stabilire il valore di un complesso arboreo: la biodiversità, cioè la varietà e la ricchezza della vita che esso ospita. Di questo immenso patrimonio, spesso invisibile all’ osservatore meno esperto, si è intrapreso lo studio solo negli ultimi decenni, con il rischio concreto che esso scompaia prima ancora di essere adeguatamente conosciuto. Fino ad ora si era classificato, in modo piuttosto superficiale, solo la fauna più vistosa, come i mammiferi, i rettili, gli anfibi e qualche uccello, ma ben poco si sa dei miliardi di altre piccole creature che pur vivono nel bosco, tra suolo e radici, tronco e cortecce, tra rami e fogliame o su infiorescenze.
Quasi nulla si sa, invece, della vita nelle cavità e microcavità degli alberi, dei rami secchi e dei ceppi marcescenti, dei tronchi caduti e in disfacimento, dell’humus e della lettiera che, grazie all’opera di questa miriade di artefici silenziosi, si trasformano lentamente nel cosiddetto “complesso saproxilico” ricco di funghi, muschi, licheni e delle striscianti epatiche, per diventare infine suolo ricco e fertile ed assicurare, in tal modo, la rigenerazione della foresta e la continuità di tutta la vita nel bosco. Ecco quindi l’importanza di avere almeno un grosso albero in disfacimento nel bosco a rappresentare quello che semplicemente si potrebbe chiamare il “supermercato della biodiversità”.

Ma, tornando all’attualità, che fine ha fatto il tronco trafugato?

Dopo averlo recuperato e custodito in un terreno comunale, in questi giorni, è stato finalmente posizionato ad arte nell’oasi naturalistica nel cuore di S.Agnello, sull’area di copertura di un parcheggio interrato che, grazie alla sinergia tra amministrazione comunale e WWF, si sta lentamente trasformando in un polmone di verde e di biodiversità unico nel suo genere.
Non resta che portare i bambini a S.Agnello, a visitare questa oasi botanica in fase di ultimazione e, davanti al tronco del grande albero, raccontare loro una bella storia di impegno dell’uomo per la salvaguardia della natura e del loro futuro.

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